mercoledì 21 novembre 2018

A PALERMO ALL'HOTEL JOLI' SI PRESENTA IL VOLUME DI EDOARDO DISPENZA "FIGURE CON PAROLE"




Venerdì 23 novembre 2018 alle ore 16.30 a Palermo in via Michele Amari n. 11,  presso l'Hotel Jolì  Sala Novecento Art & Events, si presenterà il volume di Edoardo Dispenza dal titolo: "FIGURE CON PAROLE". Dalla pittura alla penna il sentiero può essere breve .
 
Interverranno a presentare il volume di immagini e opere poetiche PAOLO BATTAGLIA, LA TERRA BORGESE e TOMMASO ROMANO.
 
Moderatrice JOEY BORRUSO.  
 
Saranno presenti le poetesse e i poeti che hanno partecipato a questo progetto culturale.
 
Ingresso libero.
 
(Nelle foto l'invito e la locandina ufficiali dell'evento culturale).

sabato 3 novembre 2018

ARTICOLANDO ( 27 ) : RECENSIONE DEL DOTT. FRANCESCO CAMAGNA ALLA SILLOGE SULITA' DEL POETA NINO DE VITA





Articolando

Articolando, è una nuova rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
Chiunque volesse pubblicare può farlo mandando i propri scritti all'indirizzo di posta elettronica
tonycausi@alice.it grazie!


In questo n. 27 rincontriamo il Dott.  FRANCESCO CAMAGNA  con una sua  recensione al libro
"SULITA'" del poeta marsalese NINO DE VITA, 2017 Edizioni Mesogea




Proficua e sana  lettura a tutti voi!






Recensione del Dott. Francesco Camagna alla silloge poetica “Sulità” del poeta  Nino De Vita

 
Ci sono solitudini e solitudini. Alcune ricercate a lungo, quasi agognate, altre esistenziali. ”Ognuno sta solo sul cuor della terra” scriveva Salvatore Quasimodo, evidenziando una condizione comune a tutti gli uomini durante il loro breve passaggio sulla terra.
Le “sulità” di De Vita sono situazioni di esclusione dal contesto delle relazioni umane, dalla fratellanza con gli altri, subite involontariamente, determinate dalle circostanze, dal destino avverso, dall’indifferenza, dalla cattiveria.
Con questa raccolta( ed. Mesogea 2017) il poeta, nel dialetto di Cutusio, una delle innumerevoli contrade del marsalese, in cui egli è nato ed ha sempre vissuto, continua un’opera di custodia e recupero della memoria sia linguistica che storica, sia individuale che collettiva, iniziata trent’anni fa quando, dopo alcune felici esperienze poetiche in lingua italiana, culminate nella raccolta “Fosse Chiti”, che incontrò l’apprezzamento di Giovanni Raboni, decise di passare al dialetto.
E se la produzione in lingua italiana era caratterizzata da un’impronta naturalistica, quasi bucolica, quella nella parlata di Cutusio appare decisamente virare verso un contenuto decisamente narrativo: la storia fa irruzione nella sua poetica in modo dirompente, presentando un universo di personaggi e trame contraddistinte da pathos, commozione, descrizione dettagliata delle scene attraverso sequenze che assumono , a volte, per la loro estrema precisione , una valenza quasi cinematografica.
E’ una poesia che potremmo definire epica, nella quale i protagonisti non sono eroi, figure straordinarie, ma si possono considerare espressione di un’epopea dei vinti, quasi nel senso verghiano del termine. Ne esce fuori una sorta di Spoon River dei viventi. Sono personaggi che hanno fatto esperienza del dolore e ne portano i segni, nei termini di una frattura, all’interno delle loro vite, che non viene ricomposta. Nulla si aggiusta, si verifica soltanto un adattamento, un assestamento. Il poeta diventa ,talvolta, anch’egli un personaggio delle storie raccontate, dialoga, interagisce, si muove con profonda compassione all’interno delle vicende,anche quando usa un tocco delicato d’ironia. Con grande maestria ci conduce verso il finale delle storie, ma quasi mai lo svela e lo lascia all’intuizione del lettore. L’ambientazione è sempre, come nelle raccolte precedenti, quella di Cutusio e delle contrade vicine.
Tra i ventiquattro racconti in versi che si dipanano musicalmente attraverso l’utilizzo sapiente del settenario, verso scelto da De Vita per dare ritmo alla narrazione,compaiono, accomunati dalla matrice comune della solitudine dei protagonisti, diversi temi : ad esempio la privazione dell’amore materno in “Michileddu”( “E quannu chiama tu, chi fai, cci vai?/Cci jia. Ora un ci vaiu cchiù, picchi /idda chiama, mi chiama/ e poi ‘un si fa attruvari.); la povertà in “Dommianu”, le liti familiari in “A sciarra”; l’amore non corrisposto in “U rrialu”, dove il regalo comprato per l’amata( “ U tinia nna sacchetta ra bbunaca/rintra  una scatulicchia /cu ‘a màttula) rimane imprigionato nella tasca del protagonista dopo che questi ha compreso, attraverso un gioco di allusioni, che la donna ama un altro; la perdita della vista in “Bbettu” dove il protagonista, diventato cieco in seguito allo scoppio fra le sue mani di un ordigno bellico, afferma di ricordare tutte le cose che vedeva un tempo: anche quelle più piccole come le bolle dell’acqua quando pioveva forte,  le faville del fuoco, i colori del vestito che sua madre metteva per le occasioni più importanti.
Anche i libri, magistralmente descritti nella poesia  “I libbra”, sono soli, vivono una condizione di abbandono, disprezzati come materia inerte, lasciati ad ammuffire negli scaffali. E la loro solitudine diventa la solitudine delle tante vite in essi racchiuse.
“I libbra stannu suli, comu chiddi/ chi sunnu disprizziati, l’angariati,/stritti ne ligna muti...
Hannu tristizzi i libbra/ ch’unni puemu fari scenti,/dulura linzittiusi.
Gnunianu trisora, l’allisciati/ ri chiddu chi calatu/ a pinzari, a nchiappari/nne fogghi,sapi chi/cci sunnu.
Esperienze dolorose che vengono vissute all’interno del microcosmo di Cutusio : luogo dove nasce la Poesia, cui fornisce l’humus sia dal punto di vista dei contenuti che  sotto il profilo linguistico. Il poeta preserva ,ad un tempo, la memoria delle piccole storie e delle parole ad esse associate: parole che i giovani sconoscono, fortemente ancorate nel passato, arcaiche, ma che,proprio in forza di ciò, hanno una straordinaria forza evocativa del dolore contenuto in questi umanissimi racconti. Dolore che la Poesia non può cancellare, ma che può invece comprendere e raccontare empaticamente come espressione di una sofferenza individuale e particolare, che diventa universale.
 
Francesco Camagna

(Nelle foto: dall'alto il Dott. Francesco Camagna, la copertina della silloge poetica SULITA' e l'autore NINO DE VITA).