Carissimi nell'augurare un sereno Capodanno a tutti voi e alle votre famiglie, come da consuetudine il primo post del 2023 è dedicato al messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella.
Ecco lo qui per esteso.
Care
concittadine e cari concittadini,
un anno
addietro, rivolgendomi a voi in questa occasione, definivo i sette anni
precedenti come impegnativi e complessi.
Lo è stato
anche l’anno trascorso, così denso di eventi politici e istituzionali di
rilievo.
L’elezione del
Presidente della Repubblica, con la scelta del Parlamento e dei delegati delle
Regioni che, in modo per me inatteso, mi impegna per un secondo mandato.
Lo
scioglimento anticipato delle Camere e le elezioni politiche, tenutesi, per la
prima volta, in autunno.
Il chiaro
risultato elettorale ha consentito la veloce nascita del nuovo governo,
guidato, per la prima volta, da una donna.
È questa una
novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel
nostro Paese, oggi divenuta realtà.
Nell’arco di
pochi anni si sono alternate al governo pressoché tutte le forze politiche
presenti in Parlamento, in diverse coalizioni parlamentari.
Quanto
avvenuto le ha poste, tutte, in tempi diversi, di fronte alla necessità di
misurarsi con le difficoltà del governare.
Riconoscere la
complessità, esercitare la responsabilità delle scelte, confrontarsi con i
limiti imposti da una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali:
dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai
cambiamenti climatici ai fenomeni migratori.
La concretezza
della realtà ha così convocato ciascuno alla responsabilità.
Sollecita
tutti ad applicarsi all’urgenza di problemi che attendono risposte.
La nostra
democrazia si è dimostrata dunque, ancora una volta, una democrazia matura,
compiuta, anche per questa esperienza, da tutti acquisita, di rappresentare e
governare un grande Paese.
È questa
consapevolezza, nel rispetto della dialettica tra maggioranza e opposizione,
che induce a una comune visione del nostro sistema democratico, al rispetto di
regole che non possono essere disattese, del ruolo di ciascuno nella vita
politica della Repubblica.
Questo
corrisponde allo spirito della Costituzione.
Domani, primo
gennaio, sarà il settantacinquesimo anniversario della sua entrata in vigore.
La
Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario
dovere; anche il mio.
Siamo in attesa
di accogliere il nuovo anno ma anche in queste ore il pensiero non riesce a
distogliersi dalla guerra che sta insanguinando il nostro Continente.
Il 2022 è
stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta
dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente è stata un pieno sostegno al Paese
aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria
libertà e i propri diritti.
Se questo è
stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinché il 2023 sia
l’anno della fine delle ostilità, del silenzio delle armi, del fermarsi di
questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze.
La pace è
parte fondativa dell’identità europea e, fin dall’inizio del conflitto,
l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libertà.
Alla pace
esorta costantemente Papa Francesco, cui rivolgo, con grande affetto, un saluto
riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del
Papa emerito Benedetto XVI.
Si prova
profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perché, ogni giorno,
vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando città e paesi in
un cumulo di rovine. Vengono bruciate,
per armamenti, immani quantità di risorse finanziarie che, se destinate alla
fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo
per l’umanità.
Di questi
ulteriori gravi danni, la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito
e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi.
Pensiamoci: se
l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai
confini imprevedibili.
Non ci
rassegniamo a questo presente.
Il futuro non
può essere questo.
La speranza di
pace è fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la
storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione. Si basa soprattutto
sulla forza della libertà. Sulla volontà di affermare la civiltà dei diritti.
Qualcosa che è
radicato nel cuore delle donne e degli uomini. Ancor più forte nelle nuove
generazioni.
Lo
testimoniano le giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Le donne afghane che
lottano per la loro libertà. Quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per
dire il loro no alla guerra.
Gli ultimi
anni sono stati duri. Ciò che abbiamo vissuto ha provocato o ha aggravato
tensioni sociali, fratture, povertà.
Dal Covid -
purtroppo non ancora sconfitto definitivamente – abbiamo tratto insegnamenti da
non dimenticare.
Abbiamo
compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidarietà concreta sono risorse
preziose di una comunità, e tanto più sono efficaci quanto più sono capaci di
integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto più producono fiducia e
responsabilità nelle persone.
Occorre
operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato
dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la
persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive.
So bene quanti
italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i
costi dell’energia, le difficoltà di tante famiglie e imprese, l’aumento della
povertà e del bisogno.
La carenza di
lavoro sottrae diritti e dignità: ancora troppo alto è il prezzo che paghiamo
alla disoccupazione e alla precarietà.
Allarma
soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficoltà. La povertà minorile,
dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, è quadruplicata.
Le differenze
legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi
territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le
zone interne - creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza.
Ci guida
ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la
loro piena realizzazione. Senza distinzioni.
La Repubblica
siamo tutti noi. Insieme.
Lo Stato nelle
sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il
Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica
amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalità del terzo
settore, la generosità del volontariato.
La Repubblica
– la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano
per le loro famiglie.
La Repubblica
è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare
l’Italia e quindi al bene comune.
La Repubblica
è nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la
sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali.
La Repubblica
è nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno
di chi studia. Nello spirito di solidarietà di chi si cura del prossimo.
Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione.
Rimuovere gli
ostacoli è un impegno da condividere, che richiede unità di intenti, coesione,
forza morale.
È grazie a
tutto questo che l’Italia ha resistito e ha ottenuto risultati che inducono
alla fiducia.
La nostra
capacità di reagire alla crisi generata dalla pandemia è dimostrata
dall’importante crescita economica che si è avuta nel 2021 e nel 2022.
Le nostre
imprese, a ogni livello, sono state in grado, appena possibile, di ripartire
con slancio: hanno avuto la forza di reagire e, spesso, di rinnovarsi.
Le
esportazioni dei nostri prodotti hanno tenuto e sono anzi aumentate.
L’Italia è
tornata in brevissimo tempo a essere meta di migliaia di persone da ogni parte
del mondo. La bellezza dei nostri luoghi e della nostra natura ha ripreso a
esercitare una formidabile capacità attrattiva.
Dunque ci sono
ragioni concrete che nutrono la nostra speranza ma è necessario uno sguardo d’orizzonte,
una visione del futuro.
Pensiamo alle
nuove tecnologie, ai risultati straordinari della ricerca scientifica, della
medicina, alle nuove frontiere dello spazio, alle esplorazioni sottomarine.
Scenari impensabili fino a pochi anni fa e ora davanti a noi.
Sfide globali,
sempre.
Perché è la
modernità, con il suo continuo cambiamento, a essere globale.
Ed è in questo
scenario, per larghi versi inedito, che misuriamo il valore e l’attualità delle
nostre scelte strategiche: l’Europa, la scelta occidentale, le nostre alleanze.
La nostra primaria responsabilità nell’area che definiamo Mediterraneo
allargato. Il nostro rapporto privilegiato con l’Africa.
Dobbiamo stare
dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione.
Per farlo
dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realtà. Dobbiamo imparare
a leggere il presente con gli occhi di domani.
Pensare di
rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernità non è soltanto un
errore: è anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va
interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non può essere
rimossa.
La sfida, piuttosto,
è progettare il domani con coraggio.
Mettere al
sicuro il pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanità, significa
affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica.
L’energia è
ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso
lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose
per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera
dei nostri sistemi economici.
Non è un caso
se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura
ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti
giovani.
L’altro
cambiamento che stiamo vivendo, e di cui probabilmente fatichiamo tuttora a
comprendere la portata, riguarda la trasformazione digitale.
L’uso delle
tecnologie digitali ha già modificato le nostre vite, le nostre abitudini e
probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove
generazioni vivono già pienamente questa nuova dimensione.
La quantità e
la qualità dei dati, la loro velocità possono essere elementi posti al servizio
della crescita delle persone e delle comunità. Possono consentire di superare
arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la
nostra società.
Occorre
compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le
libertà dei cittadini.
Il terzo
grande investimento sul futuro è quello sulla scuola, l’università, la ricerca
scientifica. E’ lì che prepariamo i protagonisti del mondo di domani. Lì che
formiamo le ragazze e i ragazzi che dovranno misurarsi con la complessità di
quei fenomeni globali che richiederanno competenze adeguate, che oggi non
sempre riusciamo a garantire.
Il Piano
nazionale di ripresa e resilienza spinge l’Italia verso questi traguardi. Non
possiamo permetterci di perdere questa occasione.
Lo dobbiamo ai
nostri giovani e al loro futuro.
Parlando dei
giovani vorrei – per un momento - rivolgermi direttamente a loro:
siamo tutti colpiti
dalla tragedia dei tanti morti sulle strade.
Troppi ragazzi
perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocità, della
leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti.
Quando guidate
avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela
per un momento di imprudenza.
Non cancellate
il vostro futuro.
Care
concittadine e cari concittadini,
guardiamo al
domani con uno sguardo nuovo. Guardiamo al domani con gli occhi dei giovani.
Guardiamo i loro volti, raccogliamo le loro speranze. Facciamole nostre.
Facciamo sì
che il futuro delle giovani generazioni non sia soltanto quel che resta del
presente ma sia il frutto di un esercizio di coscienza da parte nostra.
Sfuggendo la pretesa di scegliere per loro, di condizionarne il percorso.
La Repubblica
vive della partecipazione di tutti.
È questo il
senso della libertà garantita dalla nostra democrazia.
È anzitutto
questa la ragione per cui abbiamo fiducia.
Auguri !
Il Presidente della Repubblica Italiana
Sergio Mattarella