Articolando,
è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della
storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni,
relazioni e articoli strettamente culturali.
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tonycausi@alice.it grazie!
In questo
n. 41 incontriamo la Prof.ssa MATILDE DI FRANCO poetessa e scrittrice con un interessantissimo articolo “Maledetto
femminicidio” che ci parla della violenza sulle donne e sull’educazione del
maschio al gentil sesso.
Lieta lettura a tutti voi!
Maledetto femminicidio
Nel
nostro Paese una donna viene uccisa ogni due giorni, in ambito
familiare-affettivo: un dato incredibile, una vera e propria strage.
Perché
le donne della società odierna vengono ammazzate? Perché l’uomo le uccide?
Sono
questi gli interrogativi che ci angosciano, a cui bisogna tentare di dare una
risposta, per comprendere il fenomeno che abbiamo davanti gli occhi e al quale
non dobbiamo, certamente, assuefarci o rassegnarci.
Di
sicuro tutte le vittime, di età, estrazione sociale e livello culturale
diversi, hanno vissuto, prima di essere ammazzate, una dura situazione di
assoggettamento psicologico e di emarginazione, che è durato nel tempo.
La
fine violenta della loro esistenza è la conclusione tragica di una preesistente
condizione di sofferenza. Hanno vissuto, cioè, maltrattamenti fisici e morali;
ancora, una limitazione importante della loro libertà e una mortificazione
significativa della loro identità. Ad esse è stato impedito, con azioni sempre
più definite e di crescente condizionamento, di coltivare serene relazioni in
ambito sociale, scolastico, lavorativo, ricreativo; di esprimere i propri
bisogni e i desideri personali.
A
loro è stato comandato di vivere in un mondo sempre più ristretto, tale da
poter essere facilmente controllato e gestito dai vari compagni, fidanzati,
mariti.
Quelle
donne dovevano assumere, insomma, lo status di oggetto esclusivo del maschio –
padrone e quindi smarrire quello naturale e sacrosanto di persona.
E in
tale contesto trovano spazio incontrollabili gelosie, senso del possesso,
egoistica e malata volontà di dominio.
La
donna “oggetto” quando osa rivendicare, dopo aver preso pienamente coscienza
della sua infelicità, altri orizzonti di vita o, magari, la possibilità di
interrompere una relazione considerata insoddisfacente, appare, a colui a cui
si ribella, un nemico, che deve essere eliminato, a ogni costo e con tutti i
mezzi.
L’uomo
che compie tale “oggettivazione” della figura femminile è espressione di un’antica
e mai dissolta cultura patriarcale, che lo porta a vivere il fallimento di un
rapporto sentimentale, orientato secondo determinate e indiscutibili regole,
come una frustrazione ingiusta, vergognosa, insopportabile. Allora, per reagire
a tale primitiva e insana incapacità di accettare il proprio cambiamento
esistenziale, quale effetto dell’autodeterminazione femminile, assolutamente
non voluta, approda proprio alla violenza estrema, come soluzione riparatrice dell’oltraggio
subito.
L’assassinio
di genere, quindi, non è mai frutto di raptus o di tempeste emotive, ma è il
“prodotto finale” di una raccapricciante ma lucida visione della donna, della
vita, del mondo.
Dobbiamo
esigere maggiore attenzione della politica, delle istituzioni e di tutte le
componenti sociali verso il maledetto fenomeno del femminicidio. Ma non
basta. Occorre una vera e propria
rivoluzione culturale, a cui tutti dobbiamo contribuire.
Dobbiamo
costruire una società migliore educando diversamente le nuove generazioni.
Dobbiamo insegnare ai nostri figli, fin da piccoli, il valore delle “pari
opportunità”, per contrastare pericolosi stereotipi e cristallizzate divisioni
di ruoli. Dobbiamo educare, maschi e
femmine, a rispettare la libertà delle persone, ad accettare eventuali perdite,
a non dipendere totalmente dagli altri, nemmeno da quelli per cui si provano
sentimenti importanti.
Dobbiamo
ricordare ai giovani che l’amore non è possesso, ma condivisione, rispetto,
cura dell’altro e desiderio del suo bene. Dobbiamo esortare le ragazze a
riconoscere bene i “veri uomini” e a fuggire subito da certi delinquenti
camuffati da principi azzurri e da certi castelli dorati che in realtà sono
prigioni. Dobbiamo ribadire ai ragazzi
che la donna che sta loro accanto non è proprietà ma individuo, che può
legittimamente decidere, anche, di andare via, senza, per questo, demolire la
loro dignità, che risiede esclusivamente nella loro intelligenza e nella
capacità di stare al mondo.
Allora
sicuramente, quando i ragazzi e le ragazze elaboreranno, in maggioranza, una
percezione più autentica del rapporto tra i sessi, le tristissime statistiche
dei delitti di genere scompariranno o avranno, almeno, cifre meno
impressionanti.
Matilde Di Franco
(Nella foto: Matilde di Franco poetessa,
scrittrice e autrice di questo articolo).