sabato 26 febbraio 2022

ARTICOLANDO ( 46 ) : RECENSIONE DEL POETA E SCRITTORE ANTONINO CAUSI AL VOLUME DI RACCONTI "LE DONNE LO DICONO" DELLA SCRITTRICE LUCIA BIANCO






 




Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
Chiunque volesse pubblicare può farlo mandando i propri scritti all'indirizzo di posta elettronica

tonycausi@alice.it grazie!

In questo n. 46 il poeta e scrittore Antonino Causi recensisce il volume di Racconti "Le donne lo dicono"della scrittrice Lucia Lo Bianco. 

 Buona lettura a voi!




LE DONNE LO DICONO

Racconti di Lucia Lo Bianco –SwanBook Edizioni

Recensione di Antonino CAUSI

 

 

 

La scrittrice Lucia Lo Bianco nel suo volume di racconti dal titolo “Le donne lo dicono” ci fornisce una panoramica di donne della società contemporanea.

Nei dodici racconti che l’autrice descrive, emergono tutti quelli che sono gli aspetti emotivi, empatici dei protagonisti.

Diverse sono le donne che accompagnano la lettura scorrevole di questo volume, scritto con un linguaggio chiaro e diretto.

Abbiamo la runner, l’insegnante linguistica, quella che aspira a raggiungere una città come Roma e il suo desiderio di libertà e di evasione da una Viterbo che le sta troppo stretta. Ma anche quella picchiata dal marito che pur di lavorare in una profumeria è costretta a truccarsi e cambiare make-up ogni giorno, con un marito possessivo che reagisce duramente, perché non la vuole con il rossetto.

Ci sono altre donne come quelle del racconto “La sconosciuta rispose” che frequenta e osserva un uomo da un balcone.

Le figure femminili che ci presenta la Lo Bianco sono combattive, vogliono affermarsi, vivono in un contesto contemporaneo, vogliono emergere nella società, non vogliono sottostare al predominio maschile.

Donne che vogliono rompere con il passato e con tutto quel complesso di valori, tradizioni, stereotipi e modelli di comportamento, ereditati e messi in atto da una cultura secolare.

Un processo di rottura con tutti i dogmi del passato in una società femminile contemporanea, che vuole sempre più affermarsi.

Dal periodo della Rivoluzione Francese, la donna pian piano ha cercato di conquistarsi quello spazio che da sempre gli è stato negato per colpa di un maschilismo imperante.

 Certo, sono state tante le battaglie che le donne hanno dovuto affrontare fino ad oggi.

La strada verso la parità dei sessi appare ancora lunga e tortuosa.

Ci auguriamo tutti quanti che esse possano raggiungere molto presto questo dignitoso e paritario traguardo.

Il volume offre l’opportunità per una saggia riflessione per entrambi i sessi su quelle che sono le difficoltà, i timori e le speranze dell’essere umano.

 

Antonino Causi       

 

 

sabato 19 febbraio 2022

A PALERMO CONFERENZA "ELSA MORANTE : Crisalide, paladina degli umili e della cultura, contro la disintegrazione del mondo" del Dott. ANTONINO CAUSI

 


Sabato 12 Marzo 2022 alle ore 16.30 a Palermo presso la Fondazione Giuseppe e Marzio Tricoli, via Terrasanta n. 82, si svolgerà la CONFERENZA del Dott. ANTONINO CAUSI dal titolo:

"Elsa Morante: Crisalide, paladina degli umili e della cultura, contro la disintegrazione del mondo”.

Evento organizzato dall'ACCADEMIA NAZIONALE DI LETTERE, ARTI E SCIENZE di PALERMO.

Ingresso con Green Pass e Mascherina FFP2

(Nella foto la poetessa e scrittrice Elsa Morante)


giovedì 10 febbraio 2022

10 FEBBRAIO: GIORNO DEL RICORDO

 



Il Giorno del ricordo è una solennità nazionale italiana che si celebra ogni anno il 10 febbraio a partire dal 30 marzo 2004, giorno in cui è stata istituita con la legge n. 92, che recita così: “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra(1943-1945), e della più complessa vicenda del confine orientale”.

Lo scopo principale del giorno del ricordo è proprio quello di rinnovare la memoria storica.

In questo giorno si svolgono una serie di attività e celebrazioni che coinvolgono le istituzioni a partire dal Presidente della Repubblica fino ai vari comuni italiani.

Anche la scuola è partecipe con discorsi, cerimonie e attività.

Dal 2009 il MIUR propone ogni anno un concorso nazionale per il Giorno del ricordo rivolto alle scuole primarie, secondarie di primo grado e secondarie di secondo grado affinché la memoria degli italiani rimanga viva.

All’esame di maturità del 2010, la traccia del tema storico chiedeva agli studenti di parlare delle stragi delle foibe tenendo conto della legge istitutiva del Giorno del ricordo.

La celebrazione è in onore del ricordo di tutte le vittime dei massacri delle foibe, gli eccidi compiuti a danno della popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia nel periodo della seconda guerra mondiale e appena dopo ad opera dei partigiani jugoslavi dell’OZNA. Il nome foibe, così come li chiamano in Venezia Giulia, fa riferimento agli inghiottitoi carsici nei quali furono gettati molti dei corpi delle vittime.
In occasione del 10 febbraio viene rilasciata una medaglia commemorativa ai parenti delle persone infoibate (vittime delle stragi delle foibe) di Fiume, della Dalmazia, dell’Istria e delle province dell’attuale confine orientale dell’8 settembre 1943.

Le stragi delle foibe iniziarono l’8 settembre 1943, con l’annuncio dell’entrata in vigore dell’armistizio di Cassabile e terminarono il 10 febbraio 1947, il giorno in cui furono firmati i trattati di pace di Parigi.

Ecco perché il Giorno della del ricordo si celebra proprio il 10 febbraio, in occasione dell’anniversario del termine di questi massacri, quando tramite i trattati di Parigi alla Jugoslavia venivano assegnati il Quarnaro, l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia, prima tutti territori appartenenti all’Italia.


martedì 8 febbraio 2022

ARTICOLANDO ( 45 ) : RECENSIONE DEL PROF. GIOVANNI TERESI AL VOLUME "GLI ANNI D'ORO DEL COMMERCIO TESSILE E DELL'ABBIGLIAMENTO A PALERMO DI GIOVANNI MATTA


 



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In questo n. 45 incontriamo il Prof. Giovanni Teresi recensisce il volume "Gli anni d'oro del Commercio Tessile e dell'Abbigliamento a Palermo di Giovanni Matta.

 Proficua lettura a tutti voi!


Recensione del prof. Giovanni Teresi al volume Gli anni d'oro del commercio tessile e dell'abbigliamento a Palermo di Giovanni Matta


Il testo, frutto di una profonda esperienza dell’autore nel settore del Commercio tessile e di accurate ricerche, permette di far conoscere i vari aspetti di tale attività che ha contribuito alla passata grandezza di Palermo in questo settore. L’opera è concepita come un escursus di una passeggiata di una settimana a Palermo, con la rassegna di tutti i negozi di tessuti e di abbigliamento, molti dei quali oggi scomparsi o trasformati radicalmente, facendone rivivere il centro storico di un tempo, pulsante di vita e di varie attività.

Il volume, raffigurato da parecchie foto, è ben curato e sottolinea, assieme agli aspetti esterni, le capacità, lo spirito imprenditoriale ed anche le qualità umane delle imprese, dei negozianti e dei rappresentanti del commercio che consentivano, e dovrebbero consentire, un rapporto costante e proficuo con la clientele. Nei sei giorni di passeggiata sono descritti quasi tutti i quartieri palermitani e tutte le principali strade con le loro peculiarità, i negozi di abbigliamento facendo anche considerazioni di carattere storico-sociale.

Tra le tante cose, Giovanni Matta fa riscoprire l’attività del rappresentante o dell’agente di commercio sottolineandone le qualità e le doti personali; attività svolta per oltre quaranta anni dall’autore. Il Nostro fa un elenco alfabetico di tutti i suoi colleghi, agenti su Palermo, ricordandoli con tanto affetto (pagg. 162, 163).

La figlia Ileana Matta, nel suo contributo “Il rappresentante di Commercio, secondo me”, ricorda Giovanni Matta,padre attento, affettuoso e premuroso, che dopo 44 anni di attività, portata avanti con passione e dedizione, ha ricevuto la medaglia al merito dalla C.C.I.A.A.

Giovanni Matta a 22 anni è stato sottotenente di complemento nel “Nizza Cavalleria” e istruttore-guida sui carri armati. Ha sempre avuto la passione della lettura e della scrittura. È poeta, scrittore, saggista, critico dell’arte e letterario. Pluriaccademico in Italia e all’estero, è Presidente da molti anni dell’A.S.C.O.L. “Ottagono Letterario”.

Che cosa ha spinto il Nostro a mettere per iscritto i propri ricordi? A consegnarli alla scrittura?  Diciamo subito che prendere la parola, parlare di se stessi, introdurre degli eventi in uno schema narrativo, non è unicamente un modo di comunicare, di liberare energie, ma la via per cercare di ordinare razionalmente la propria esistenza, le proprie esperienze. Ed è ciò che Giovanni Matta  cerca di far emergere nei suoi scritti: l’identità, la consapevolezza di sé e della realtà esterna, e molteplicità di queste legate anche nell’immaginario culturale e letterario, alla facoltà della memoria. La memoria che cerca di iscrivere il tempo individuale in un tempo più largo, attraverso un’azione deliberata di ricostruzione del passato.

Il testo:“Gli anni d’oro del Commercio Tessile e dell’Abbigliamento a Palermo 1945 – 1980”, (2021, Ediz. Ex Libris), appartiene al  progetto di momenti autobiografici risalente alla seconda metà degli anni quaranta e sulla cui composizione lo scrittore continuerà a ragionare anche a distanza di molti anni. Attraverso la passeggiata per le vie di Palermo e della sua storia, Giovanni Matta mette agli occhi di chi legge l’impronta del disegno di una scrittura prettamente personale, e come rappresentante del commercio di tessuti, cita le diverse aziende, i negozi e i loro proprietari.

Fare il rappresentante o l’agente di commercio è  un lavoro indubbiamente interessante, formativo, per il contatto con tante persone, ma occorre svolgerlo con grande volontà, continuità, passione e sempre col sorriso sulle labbra, anche nei momenti negativi” (pag. 159).

Lo scrittore Matta ci offre, così, non solo un autobiografismo della coincidenza di alcuni motivi o ambienti della sua vita, ma anche uno spaccato di storia dal 1945 al 1980.

Come il sogno della realtà, la cosiddetta realtà delle esperienze, nella narrazione di Giovanni Matta il ricordo emerge dall’immersione nella durata degli eventi scaturita dalla finitudine dell’esperienza, da un’intensa e riservata partecipazione alla vita; la reimmersione percettiva nei luoghi dell’infanzia per cui odori, suoni, immagini del tempo di prima tramano la tessitura della narrazione storica.

Il Nostro riattraversa situazioni, affezioni, avventure storiche affidandosi alla forza contemplativa delle immagini, degli oggetti, espressione al tempo stesso dell’investimento emotivo e della compiutezza irredimibile del passato.

Lasciatemi compiere tutto il percorso della memoria verso qualcosa che conta proprio perché è sempre nascosta in un angolo morto e se ne scorge soltanto ciò che si può indovinare da un’ombra proiettata sul muro …” (Italo Calvino)

Così, Giovanni Matta, attraverso la sua lunga attività di rappresentante del commercio di tessuti in Sicilia e Calabria, ci fa ricordare il duro periodo del II° conflitto mondiale, le usanze dei vari ceti sociali e la fase della ripresa postbellica.

Ad esempio, la ricchezza dell’abito indossato in occasione delle feste rappresentava una sorta di riscatto dalle condizioni della durezza della vita di campagna. Tali manifatture non erano solo prerogativa del mondo contadino, esse erano riconosciute ed usate, per la loro preziosità, anche nei vertici della società. Sempre più ricca ed esigente la classe egemone siciliana e calabrese si circondava di valenti artigiani a cui affidava i propri dettati dalla moda d’oltralpe.

Al corredo della sposa, emblematico della condizione economica, venivano infatti dedicate le migliori energie in termini di creatività e di cura nell’esecuzione, le spese per mettere insieme i diversi capi, acquistati o confezionati in famiglia, erano tali che sin dall’infanzia si provvedeva a mettere da parte indumenti, telerie, merletti e coperte.

Nelle famiglie benestanti la biancheria da tavola era adeguata all’acquisita posizione matrimoniale in cui assumeva rilievo il comparire e l’essere presenti nella vita sociale, da cui, secondo i galatei, doveva trasparire l’importanza della propria famiglia.

Dopo il II° conflitto mondiale, in una fase politico-sociale incerta, quale avrebbe dovuto essere il ruolo dei giovani in quel contesto?

I giovani, senza nulla cedere sul piano dei princìpi su cui si fondavano il mercato e l’iniziativa privata, consapevoli di essere espressione di ben determinati valori, mostravano una certa sensibilità verso le problematiche sociali. Conseguentemente assumevano il confronto culturale, prima ancora che politico, come metodo utile per poter affermare le proprie ragioni. Il giovane Giovanni Matta, appartenendo a questa categoria, scelse la nobile attività di rappresentanza della bellezza dei tessuti,come altri suoi colleghi, attivando lo sviluppo di tante attività correlate.

Guardare al di là dei confini dell’azienda era lo slogan per conoscere e capire, per farsi conoscere e farsi capire. E ben presto, su determinati temi, non ci si distingueva più tra giovani ed anziani, meno che mai tra sinistra e destra, ma tra progressisti e conservatori. Tutto questo naturalmente non impedì che nel nostro paese si affermasse un sistema di economia mista.

A tal proposito, mi piace menzionare una frase di Italo Calvino da “Il ricordo è bendato”:

Il ricordo ha bisogno di prendere posto tra elementi che dividono lo spazio in un dentro e un in fuori, in un sopra e in un sotto, in una successione di piani e di lontananze, perché è solo tra questi elementi che può apparire qualcosa a qualcuno, affacciarsi, prendere forma […]”.

 

Altre produzioni letterarie di rilievo di Giovanni Matta sono:

 il saggio critico per la scuola: “Ruggero II. Un patrimonio da ricordare” ,(2019, Ediz. Ex Libris), ove il Nostro mette in risalto l’importante figura di Ruggero II, primo re di Sicilia, fra le massime espressioni della dinastia normanna, facendone emergere lo spessore politico l’apertura sociale e la grandezza culturale del sovrano. Nella narrazione fanno da corollario le Assise di Ariano, il Parlamento e le architetture della realtà “arabo-normanna”; la critica letteraria: “Gesualdo Bufalino, il poeta dell’ironia”, (2020 Ediz. Ex Libris), nel centenario della nascita. Giovanni Matta riafferma del poeta quanto lui stesso dichiara: che “si scrive per divertimento, ma in realtà - poi  aggiunge che “lo scrivere è inseguire l’uomo che è un fanalino sfuggente”. Gesualdo Bufalino possiede proprio una scrittura segnata da un esistenzialismo tra ironia e passione, e questo, per Matta serve di certo a consolidare il suo scenario di vita creativa. Inoltre si ricordano del Nostro il volume di critica d’arte: “Gli sviluppi dell’arte moderna in Europa”, (2015, Gangemi Editore); il saggio critico per la scuola: “Dammi una rosa … Racconti dell’infanzia”, (2020 Ediz. Ibskos – Ulivieri) e il racconto per bambini: “Storia di Falco”, (2020, Ediz. Ex Libris).

                                                                                   Giovanni Teresi

 

 

 

 

venerdì 4 febbraio 2022

Messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento nel giorno del giuramento

 




Pubblico il testo integrale del messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento nel giorno del giuramento in data 3 febbraio 2022.

Signori Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica,

Signori parlamentari e delegati regionali,

il Parlamento e i rappresentanti delle Regioni hanno preso la loro decisione.

È per me una nuova chiamata – inattesa - alla responsabilità; alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi.

Ritorno dunque di fronte a questa Assemblea, nel luogo più alto della rappresentanza democratica, dove la volontà popolare trova la sua massima espressione.

Vi ringrazio per la fiducia che mi avete manifestato chiamandomi per la seconda volta a rappresentare l’unità della Repubblica.

Adempirò al mio dovere secondo i principi e le norme della Costituzione, cui ho appena rinnovato il giuramento di fedeltà, e a cui ho cercato di attenermi in ogni momento nei sette anni trascorsi.

La lettera e lo spirito della nostra Carta continueranno a essere il punto di riferimento della mia azione.

Il mio pensiero, in questo momento, è rivolto a tutte le italiane e a tutti gli italiani: di ogni età, di ogni Regione, di ogni condizione sociale, di ogni orientamento politico. E, in particolare, a quelli più in sofferenza, che si attendono dalle istituzioni della Repubblica garanzia di diritti, rassicurazione, sostegno e risposte al loro disagio.

Queste attese sarebbero state fortemente compromesse dal prolungarsi di uno stato di profonda incertezza politica e di tensioni, le cui conseguenze avrebbero potuto mettere a rischio anche risorse decisive e le prospettive di rilancio del Paese impegnato a uscire da una condizione di gravi difficoltà.

Leggo questa consapevolezza nel voto del Parlamento che ha concluso i giorni travagliati della scorsa settimana.

Travagliati per tutti, anche per me.

È questa stessa consapevolezza la ragione del mio sì e sarà al centro del mio impegno di Presidente della nostra Repubblica nell’assolvimento di questo nuovo mandato.

Nel momento in cui i Presidenti di Camera e Senato mi hanno comunicato l’esito della votazione, ho parlato delle urgenze - sanitaria, economica, sociale - che ci interpellano. Non possiamo permetterci ritardi, né incertezze.

La lotta contro il virus non è conclusa, la campagna di vaccinazione ha molto ridotto i rischi, ma non ci sono consentite disattenzioni.

È di piena evidenza come la ripresa di ogni attività sia legata alla diffusione dei vaccini che proteggono noi stessi e gli altri.

Questo impegno si unisce a quello per la ripresa, per la costruzione del nostro futuro.

L’Italia è un grande Paese.

Lo spirito di iniziativa degli italiani, la loro creatività e solidarietà, lo straordinario impegno delle nostre imprese, le scelte delle istituzioni ci hanno permesso di ripartire. Hanno permesso all’economia di raggiungere risultati che adesso ci collocano nel gruppo di testa dell’Unione. Ma questa ripresa, per consolidarsi e non risultare effimera, ha bisogno di progettualità, di innovazione, di investimenti nel capitale sociale, di un vero e proprio salto di efficienza del sistema-Paese.

Nuove difficoltà si presentano. Le famiglie e le imprese dovranno fare i conti con gli aumenti del prezzo dell’energia. Preoccupa la scarsità e l’aumento del prezzo di alcuni beni di importanza fondamentale per i settori produttivi.

Viviamo una fase straordinaria in cui l’agenda politica è in gran parte definita dalla strategia condivisa in sede europea.

L’Italia è al centro dell’impegno di ripresa dell’Europa. Siamo i maggiori beneficiari del programma Next Generation e dobbiamo rilanciare l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione, nell’ambito della transizione ecologica e digitale.

La stabilità di cui si avverte l’esigenza è, quindi, fatta di dinamismo, di lavoro, di sforzo comune.

I tempi duri che siamo stati costretti a vivere ci hanno lasciato una lezione: dobbiamo dotarci di strumenti nuovi per prevenire futuri possibili pericoli globali, per gestirne le conseguenze, per mettere in sicurezza i nostri concittadini.

L’impresa alla quale si sta ponendo mano richiede il concorso di ciascuno.

Forze politiche e sociali, istituzioni locali e centrali, imprese e sindacati, amministrazione pubblica e libere professioni, giovani e anziani, città e zone interne, comunità insulari e montane. Vi siamo tutti chiamati.

L’esempio ci è stato offerto da medici, operatori sanitari, volontari, da chi ha garantito i servizi essenziali nei momenti più critici, dai sindaci, dalle Forze Armate e dalle Forze dell’ordine, impegnate a sostenere la campagna vaccinale: a tutti va riaffermata la nostra riconoscenza.

Questo è l’orizzonte che abbiamo davanti.

Dobbiamo disegnare e iniziare a costruire, in questi prossimi anni, l’Italia del dopo emergenza.

È ancora tempo di un impegno comune per rendere più forte la nostra Patria, ben oltre le difficoltà del momento.

Un’Italia più giusta, più moderna, intensamente legata ai popoli amici che ci attorniano.

Un Paese che cresca in unità.

In cui le disuguaglianze - territoriali e sociali - che attraversano le nostre comunità vengano meno.

Un’Italia che offra ai suoi giovani percorsi di vita nello studio e nel lavoro per garantire la coesione del nostro popolo.

Un’Italia che sappia superare il declino demografico a cui l’Europa sembra condannata.

Un’Italia che tragga vantaggio dalla valorizzazione delle sue bellezze, offrendo il proprio modello di vita a quanti, nel mondo, guardano ad essa con ammirazione.

Un’Italia impegnata nella difesa dell’ambiente, della biodiversità, degli ecosistemi, consapevole delle responsabilità nei confronti delle future generazioni.

Una Repubblica capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni libere e democratiche.

Rafforzare l’Italia significa, anche, metterla in grado di orientare il processo per rilanciare l’Europa, affinché questa divenga più efficiente e giusta; rendendo stabile e strutturale la svolta che è stata compiuta nei giorni più impegnativi della pandemia.

L’apporto dell’Italia non può mancare: servono idee, proposte, coerenza negli impegni assunti.

La Conferenza sul futuro dell’Europa non può risolversi in un grigio passaggio privo di visione storica ma deve essere l’occasione per definire, con coraggio, una Unione protagonista nella comunità internazionale.

In aderenza alle scelte della nostra Costituzione, la Repubblica ha sempre perseguito una politica di pace. In essa, con ferma adesione ai principi che ispirano l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Trattato del Nord Atlantico, l’Unione Europea, abbiamo costantemente promosso il dialogo reciprocamente rispettoso fra le diverse parti affinché prevalessero i principi della cooperazione e della giustizia.

Da molti decenni i Paesi europei possono godere del dividendo di pace, concretizzato dall’integrazione europea e accresciuto dal venir meno della Guerra fredda.

Non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro; in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale.

Dobbiamo fare appello alle nostre risorse e a quelle dei Paesi alleati e amici affinché le esibizioni di forza lascino il posto al reciproco intendersi, affinché nessun popolo debba temere l’aggressione da parte dei suoi vicini.

I popoli dell’Unione Europea devono anche essere consapevoli che ad essi tocca un ruolo di sostegno ai processi di stabilizzazione e di pace nel martoriato panorama mediterraneo e medio-orientale. Non si può sfuggire alle sfide della storia e alle relative responsabilità.

Su tutti questi temi – all’interno e nella dimensione internazionale - è intensamente impegnato il Governo guidato dal Presidente Draghi; nato, con ampio sostegno parlamentare, nel pieno dell’emergenza e ora proiettato a superarla, ponendo le basi di una stagione nuova di crescita sostenibile del nostro Paese e dell’Europa. Al Governo esprimo un convinto ringraziamento e gli auguri di buon lavoro.

I grandi cambiamenti che stiamo vivendo a livello mondiale impongono soluzioni rapide, innovative, lungimiranti, che guardino alla complessità dei problemi e non soltanto agli interessi particolari.

Una riflessione si propone anche sul funzionamento della nostra democrazia, a tutti i livelli.

Proprio la velocità dei cambiamenti richiama, ancora una volta, al bisogno di costante inveramento della democrazia.

Un’autentica democrazia prevede il doveroso rispetto delle regole di formazione delle decisioni, discussione, partecipazione. L’esigenza di governare i cambiamenti sempre più rapidi richiede risposte tempestive. Tempestività che va comunque sorretta da quell’indispensabile approfondimento dei temi che consente puntualità di scelte.

Occorre evitare che i problemi trovino soluzione senza l’intervento delle istituzioni a tutela dell’interesse generale: questa eventualità si traduce sempre a vantaggio di chi è in condizioni di maggiore forza.

Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico.

Su un altro piano, i regimi autoritari o autocratici tentano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni, basate sul libero consenso e sul coinvolgimento sociale, sono, invece, più solide ed efficaci.

La sfida – che si presenta a livello mondiale – per la salvaguardia della democrazia riguarda tutti e anzitutto le istituzioni.

Dipenderà, in primo luogo, dalla forza del Parlamento, dalla elevata qualità della attività che vi si svolge, dai necessari adeguamenti procedurali.

Vanno tenute unite due esigenze irrinunziabili: rispetto dei percorsi di garanzia democratica e, insieme, tempestività delle decisioni.

Per questo è cruciale il ruolo del Parlamento, come luogo della partecipazione. Il luogo dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono. Il luogo dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo emerge dalla società civile.

Così come è decisivo il ruolo e lo spazio delle autonomie. Il pluralismo delle istituzioni, vissuto con spirito di collaborazione – come abbiamo visto nel corso dell’emergenza pandemica – rafforza la democrazia e la società.

Non compete a me indicare percorsi riformatori da seguire. Ma dobbiamo sapere che dalle risposte che saranno date a questi temi dipenderà la qualità della nostra democrazia.

Quel che appare comunque necessario – nell’indispensabile dialogo collaborativo tra Governo e Parlamento è che - particolarmente sugli atti fondamentali di governo del Paese – il Parlamento sia posto in condizione sempre di poterli esaminare e valutare con tempi adeguati. La forzata compressione dei tempi parlamentari rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni dei tempi.

Appare anche necessario un ricorso ordinato alle diverse fonti normative, rispettoso dei limiti posti dalla Costituzione.

La qualità stessa e il prestigio della rappresentanza dipendono, in misura non marginale, dalla capacità dei partiti di esprimere ciò che emerge nei diversi ambiti della vita economica e sociale, di favorire la partecipazione, di allenare al confronto.

I partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali.

Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica.

Il Parlamento ha davanti a sé un compito di grande importanza perché, attraverso nuove regole, può favorire una stagione di partecipazione.

Anche sul piano etico e culturale è necessario – proprio nel momento della difficoltà – sollecitare questa passione che in tanti modi si esprime nella nostra comunità. Tutti i giovani in primo luogo, tutti, particolarmente loro, sentono sulle proprie spalle la responsabilità di prendere il futuro del Paese, portando nella politica e nelle istituzioni novità ed entusiasmo.

Rivolgo un saluto rispettoso alla Corte Costituzionale, presidio di garanzia dei principi della nostra Carta.

Nell’inviare un saluto alle nostre Magistrature – elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della società –mi preme sottolineare che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia.

Per troppo tempo è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività.

Nella salvaguardia dei principi, irrinunziabili, di autonomia e di indipendenza della Magistratura – uno dei cardini della nostra Costituzione - l’ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini.

È indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento affinché il Consiglio Superiore della Magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono restare estranee all’Ordine giudiziario.

Occorre per questo che venga recuperato un profondo rigore.

In sede di Consiglio Superiore ho da tempo sottolineato che indipendenza e autonomia sono principi preziosi e basilari della Costituzione ma che il loro presidio risiede nella coscienza dei cittadini: questo sentimento è fortemente indebolito e va ritrovato con urgenza.

I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone.

Va sempre avvertita la grande delicatezza della necessaria responsabilità che la Repubblica affida ai magistrati.

La Magistratura e l’Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia, allineandola agli standard europei.

Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace, elemento significativo nella politica internazionale della Repubblica, alle Forze dell’ordine, garanzia di libertà nella sicurezza, esprimo il mio apprezzamento, unitamente al rinnovo del cordoglio per quanti hanno perduto la vita nell’ assolvimento del loro dovere.

Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato, ringrazio per l’amicizia e la collaborazione espressa nei confronti del nostro Paese.

Ai numerosi nostri connazionali presenti nelle più diverse parti del globo va il mio saluto affettuoso, insieme al riconoscimento per il contributo che danno alla comprensione dell’identità italiana nel mondo.

A Papa Francesco, al cui magistero l’Italia guarda con grande rispetto, esprimo i sentimenti di riconoscenza del popolo italiano.

Un messaggio di amicizia invio alle numerose comunità straniere presenti in Italia: la loro affezione nei confronti del nostro Paese in cui hanno scelto di vivere e il loro apporto alla vita della nostra società sono preziosi.

L’Italia è, per antonomasia, il Paese della bellezza, delle arti, della cultura. Così nel resto del mondo guardano, fondatamente, verso di noi.

La cultura non è il superfluo: è un elemento costitutivo dell’identità italiana.

Facciamo in modo che questo patrimonio di ingegno e di realizzazioni – da preservare e sostenere – divenga ancor più una risorsa capace di generare conoscenza, accrescimento morale e un fattore di sviluppo economico. Risorsa importante particolarmente per quei giovani che vedono nelle università, nell’editoria, nelle arti, nel teatro, nella musica, nel cinema un approdo professionale in linea con le proprie aspirazioni.

Consentitemi di ricordare, per renderle omaggio, una grande protagonista del nostro cinema e del nostro Paese: Monica Vitti.

Sosteniamo una scuola che sappia accogliere e trasmettere preparazione e cultura, come complesso dei valori e dei principi che fondano le ragioni del nostro stare insieme; scuola volta ad assicurare parità di condizioni e di opportunità.

Costruire un’Italia più moderna è il nostro compito.

Ma affinché la modernità sorregga la qualità della vita e un modello sociale aperto, animato da libertà, diritti e solidarietà, è necessario assumere la lotta alle diseguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche.

Nell’ultimo periodo gli indici di occupazione sono saliti - ed è un dato importante - ma ancora tante donne sono escluse dal lavoro, e la marginalità femminile costituisce uno dei fattori di rallentamento del nostro sviluppo, oltre che un segno di ritardo civile, culturale, umano.

Tanti, troppi giovani sono sovente costretti in lavori precari e malpagati, quando non confinati in periferie esistenziali.

È doveroso ascoltare la voce degli studenti, che avvertono tutte le difficoltà del loro domani e cercano di esprimere esigenze, domande volte a superare squilibri e contraddizioni.

La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo.

Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno per ogni prospettiva reale di crescita.

Nostro compito – come prescrive la Costituzione – è rimuovere gli ostacoli.

Accanto alla dimensione sociale della dignità, c’è un suo significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società.  

La dignità.

Dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi. Perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore che attribuiamo alla vita.

Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro.

Quasi ogni giorno veniamo richiamati drammaticamente a questo primario dovere del nostro Paese.

Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, aggressioni intollerabili, non soltanto alle minoranze fatte oggetto di violenza, fisica o verbale, ma alla coscienza di ognuno di noi.

Dignità è impedire la violenza sulle donne, piaga profonda e inaccettabile che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell’educazione, dell’esempio.

La nostra dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti dignità umana agli altri.

È anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani.

Dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale.

Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, e neppure possono essere privi di un ruolo che li coinvolga.

Dignità è contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone.

Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità.

Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza.

Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare. Confidiamo in un Paese capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita.

Dignità è un Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, libero anche dalla complicità di chi fa finta di non vedere.

Dignità è assicurare e garantire il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente.

La dignità, dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile.

A questo riguardo – concludendo - desidero ricordare in quest’aula il Presidente di un’altra Assemblea parlamentare, quella europea, David Sassoli.

La sua testimonianza di uomo mite e coraggioso, sempre aperto al dialogo e capace di rappresentare le democratiche istituzioni ai livelli più alti, è entrata nell’animo dei nostri concittadini.

“Auguri alla nostra speranza” sono state le sue ultime parole in pubblico.

Dopo avere appena detto: “La speranza siamo noi”.

Ecco, noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica.

Viva la Repubblica, viva l’Italia!

                                                                                                                            Sergio Mattarella

(Nella foto da sx il Presidente della Camera Roberto Fico, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarellla e la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati ).