domenica 9 maggio 2021

ARTICOLANDO ( 43 ) : RECENSIONE DEL POETA E SCRITTORE ANTONINO CAUSI ALLA RACCOLTA POETICA "IL LIBRO DI CALIPSO E ALTRE STORIE" DI FABRIZIO SAPIO

 


 
 

Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
Chiunque volesse pubblicare può farlo mandando i propri scritti all'indirizzo di posta elettronica
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In questo n. 43  il poeta e scrittore Antonino Causi recensisce il libro di poesie “IL LIBRO DI CALIPSO E ALTRE STORIE” del poeta Fabrizio Sapio.
Lieta lettura a tutti voi!

 

 

 

Recensione al libro “IL LIBRO DI CALIPSO E ALTRE STORIE”

di Fabrizio Sapio

Spazio Cultura edizioni, aprile 2021

Antonino CAUSI

 

La raccolta poetica del raffinato autore Fabrizio Sapio dal titolo: “Il libro di Calipso e altre storie”, si compone di due parti.

La prima più classica che mette in primo piano i personaggi di Odisseo e Calipso che sono narrati dal poeta greco Omero nel libro V dell’Odissea.

Sapio aggiunge anche il Coro che fa da cornice teatrale ai due personaggi sopracitati.

Sono versi molto colti, profondi e attuali che ci conducono necessariamente ad una riflessione sulla condizione dell’uomo, le sue fragilità, i suoi errori, le ansie e le limitazioni che fanno da apripista a quelle che sono le debolezze dell’uomo moderno in rapporto a quello che lo circonda su un fattore legato alla ricerca scientifica e l’universo, l’infinità per eccellenza, una sorte di demarcazione oltre il quale l’uomo non è nella condizione di vedere.

Ci sono come dicevo anche gli errori che ogni giorno sono messi a nudo, specie nel campo ambientale, con l’inquinamento e il processo di forte impatto e degrado del territorio.

I versi di Sapio sono preziosi e di cristallina verità, nella loro apparente arcaicità sono attuali e vivi più che mai, così recita: Dapprima si scosse dalla pelle/ le rovine dei manufatti umani/si ricordò di foreste bruciate/ di migrazioni animali/ dei salti di specie/ per le impronte ingombranti dell’uomo.

La Grecia Antica è considerata la madre per il nostro autore, da essa non bisogna allontanarsi, perché rimane fonte di saggezza, di rettitudine e di salvezza per l’uomo.

Così Calipso ad Omero nei versi di pag.20 Se non badi all’arte e all’uso/rimane la durezza/dell’eroe dipinto e frantumabile!

La seconda parte ha un costrutto libero, poesie che racchiudono stati d’animo dall’impronta altamente eterogenea come l’amore, il mistero, omaggi a poeti, desideri, la poesia e l’isolamento.

L’amore viene decantato nella lirica: “A Elisa”: Fresca compagna d’amore, ricordi il cesto di sorrisi/ che portavi ogni giorno al nostro incontro?

Anche in: “Invocazione perentoria” c’è tutto l’idillio amoroso e vocativo lo riscontriamo con i seguenti versi: Amami/per il mio dolore e per il mio timore/per diventare una colonna forte/a sostenere insieme il nostro tempio.

Splendidi anche questi versi: Amami per il bacio emozionato/e un po’ affrettato che ti darò/all’incontro/e per le dita tremanti che ti accarezzeranno il viso.

Il mistero e la solitudine li ritroviamo nella lirica “Camino De Santiago”: Non chiedermi la strada/ho vissuto, ho visto, ho dimenticato/ Ma il mio cuore no, non dimentica!

Sono versi introspettivi e carichi di pathos evocativo.

Sapio rende omaggio a Garcia Lorca, poeta spagnolo ne: “Per leggere Lorca”.

Qui il nostro autore ci da delle coordinate e degli orientamenti davvero singolari e originali: Per leggere Lorca/bisogna aver visto morire un amico/aver visto agonie lente/di vino assaporato sino a mordere il calice/ e aggiunge: Per leggere Lorca/bisogna amare la terra/averla presa a morsi/la bruna e grossa zolla/.

Nel suo poetare c’è Saffo, Walt Whitman e i suoi desideri: Voglio essere sporco e vivo/entrare nel sugo della terra/nel caldo fango iridescente/ pag.71.

La mela che rotola a terra e che nessuno aveva raggiunto sull’albero è la metafora della vita, dove sono in gioco i rischi della vita e che ritroviamo nella poesia “Da Saffo”.

Davvero affascinati i versi di “Istruzioni per l’uso” dedicati alla poesia, alla sua forte vitalità e azione salvifica, insieme al suo importante messaggio e dialoghi fra autore e lettore.

Li ritroviamo nei versi “Se ti tocca, se ti serve/ forse è già tua/moneta che custodisci nella tasca/splendida per una birra alla salute del mondo/.

Complimenti a Sapio per essere riuscito nel suo tentativo vincente di farci apprezzare la sua pregevole silloge anche per la riscoperta di un classico, sempre attuale come l’Odissea, valida per l’idea della riscoperta dell’uomo, del suo mondo interiore, complesso, variegato e multiforme.

Occasione mai vana e sempre utile per riscoprirsi e riscoprire sé stessi e l’habitat naturale.

 

                                                         Antonino Causi

 

 

 

(Nella foto: dall’alto il poeta e scrittore Antonino Causi, la copertina della raccolta poetica e l’autore Fabrizio Sapio).

 

lunedì 3 maggio 2021

ARTICOLANDO ( 42 ) : PREFAZIONE DI LORENZO SPURIO ALL'ANTOLOGIA DI POETI CONTEMPORANEI SICILIANI V.1 di JOSE' RUSSOTTI

 


 

 

 


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In questo n. 42 incontriamo il Dott. Lorenzo Spurio (poeta e scrittore) che ha curato la prefazione dell’Antologia di Poeti contemporanei siciliani. Ventanni dopo il duemila vol.1

Felice lettura a tutti voi carissimi.

L’OPERA ANTOLOGICA DEI POETI SICILIANI “VENT’ANNI DOPO IL DUEMILA”  DI  JOSÉ RUSSOTTI

 

Gli studi e gli approfondimenti sulla poesia siciliana contemporanea si arricchiscono di un volume particolarmente pregevole uscito negli ultimi giorni dopo un instancabile lavoro di ricerca, studio e compilazione del poeta messinese José Russotti[1]. Il volume, Antologia di Poeti contemporanei siciliani. Vent’anni dopo il Duemila, pubblicato per i tipi di Fogghi mavvagnoti, è un tomo prezioso che si compone di trecentosessanta pagine ricche di informazioni, note biografiche, approfondimenti, commenti critici, rimandi, studi ragionati e apparati bio-bibliografici sui numerosi poeti e poetesse che ivi sono stati inseriti.

Si sa, ogni operazione antologica desta sempre attenzione e curiosità da parte dei lettori ma spesso non è scevra da opinioni contrastanti tra chi, entusiasta per la propria presenza (magari al fianco di “grandi” della letteratura, presenti anche in manuali e storie letterarie di critici eminenti) e sfiduciato e incollerito per la non inserzione, creano spesso un clima difficile da indagare.

Ruolo del curatore è quello di completare il lavoro per come l’ha ideato senza lasciarsi intaccare più di tanto dalle dicerie e dalle critiche che, dinanzi a un’operazione collettiva come questa che richiama un discorso di aristocrazie e florilegio, immancabilmente si presenta. Ce lo insegna Pier Paolo Pasolini che, con la nota antologia di poesia dialettale uscita per i tipi di Guanda curata con Mario dell’Arco nel 1952 diede adito a critiche furibonde sui cosiddetti “mancati inserimenti” o le sedicenti “gravi lacune” ma anche nei confronti de Dieci condizioni poetiche (1957) dell’anconetano Plinio Acquabona che, più che mosso dall’intenzione di creare un’antologia vera e propria, produsse un testo polifonico – nel quale pure si auto-inserì – includendo alcune delle voci poetiche del periodo che considerava importanti. Anche in quel caso non mancarono critiche. Come – lo riconosco – non ne son mancate qualche anno fa quando compilai i due corposi volumi del Convivio in versi. Mappatura democratica della poesia marchigiana (PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2016), con l’inserimento totale di più di 280 poeti (ciascuno con nota bio-bibliografica e un testo scelto) dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi. Si sa il desiderio utopico di totalità non può sussistere nell’imperfettibilità dell’uomo ed è umanamente impossibile approcciarsi in maniera globale e totalizzante in relazione a un “censimento” di questo tipo. Chiaro è che l’antologista, pur non chiarendone in maniera diretta su carta le ragioni, dovrebbe certo lasciare intendere o motivare quelli che sono i paradigmi che hanno condotto alla costituzione di un’antologia in un determinato modo.

Tornando all’operazione editoriale di José Russotti questo aspetto vien chiarito molto bene nella nota incipitaria del poeta Mario Tamburello che, in apertura ai tanti profili bio-bibliografici inseriti dal curatore, sostiene: «Una bella raccolta e, come ogni opera bella, inevitabilmente incompiuta, perché accanto ai “Grandi” e ai già selezionati, altre interessanti voci nuove sono da scoprire nello scenario letterario di Sicilia» (11). Credo che stia proprio in questo la ricchezza di un’antologia: nella capacità di non dirsi mai compiuta e completa e di richiamare sempre continue rivisitazioni, implementazioni ed aggiunte. Non solo alla luce del tempo che passa e che, puntualmente, ci consente di prendere atto di nuovi profili poetici che s’imprimono e di altri che s’irrobustiscono, ma anche per andare di volta in volta a colmare – nei limiti del consentito e delle conoscenze che è possibile raggiungere – quei “buchi” che necessitano giustamente una trattazione, seppur approssimativa e generale, almeno un sorvolo e un richiamo. La limitatezza e friabilità dell’antologia sta proprio in questo che, visto con altri lenti, non può essere che un elemento di forza visto dal critico onesto, dall’antologista premuroso e grande studioso prima di tutto come un dovere morale nei confronti della letteratura. Russotti, dal momento che lascia ben intendere che questo è solo il primo volume di non si sa quanti tomi – e dunque che è un progetto in fieri – mi pare di poter osservare che “naviga” proprio su questo tipo di ragionamento. E per fortuna. Ben dice il poeta Tommaso Romano che, nel commento conclusivo, a titolo riepilogativo dell’intero progetto, osserva che «Russotti [ha fatto] scelte libere e consapevoli, [ha proposto] un suo personalissimo modo di approccio che rimanda e invita il lettore e lo studioso ad approfondimenti scientifici ulteriori» (355).

Un’opera come questa, che si prefigge di raggrumare nelle pagine di un libro tanti (e così tanto diversi) percorsi umani e letterari necessita, oltre che di tutti questi accorgimenti critici che la dotano e la arricchiscono, di una suddivisione degli stessi contenuti. Ecco che viene in aiuto la ripartizione (senz’altro opinabile, ma in tal contesto utile per l’organizzazione) tra due macro-gruppi di poeti “I Grandi di Sicilia” e “I Contemporanei di Sicilia”. Non è una divisione netta tra morti e viventi. Tra i cosiddetti classici, il cui decesso ha marcato un percorso di chiusura e di lettura dell’opera e, semmai, la nascita di una critica fluente e coloro che, nell’attualità, sono impegnati in campo poetico. Difatti troviamo nella prima sezione dei “Grandi” voci importanti – anche a livello nazionale – quali Giuseppe Bonaviri (1924-2009), Bartolo Cattafi (1922-1979) e Nat Scammacca (1924-2005), importante ponte tra poesia siciliana e americana nonché esponente di spicco di un avanguardismo poetico. Giustamente tra i “Grandi” figurano anche (tra gli altri) i poeti Lucio Zinna (1938), Tommaso Romano (1955), Santo Calì (1918-1972) di Linguaglossa (CT)[2], autore importante per gli studi sul folklore della Sicilia orientale, Salvatore Di Marco (1932), poeta dialettale ma soprattutto fine e insaziabile saggista (autore, tra l’altro, di un pregevole saggio su Ignazio Buttitta). Notevole è il profilo del prof. Domenico Pisana (1958) di Modica, attento studioso della poesia degli Iblei con varie pubblicazioni, non solo quale poeta ma anche nelle vesti di teologo. Di Pisana è inserita la pregevole lirica “Canto dal sud est”. Mia fortuna e onore l’aver conosciuto e l’intrattenere rapporti con alcuni di essi.

La seconda sezione del volume, “I contemporanei di Sicilia”, totalizza ben cinquantaquattro inserimenti di poeti contemporanei siciliani che vivono nelle varie zone dell’Isola. Inutile e troppo didascalico citarli tutti (rimando all’indice dei nomi presente in rete); tra di essi segnalo Nino Barone (1972) senz’altro uno dei maggiori poeti dialettali del Trapanese assieme a Marco Scalabrino[3] (1952); Francesco Camagna (1961) di Marsala presente con un doloroso testo, “La strage del pane”, relativo a un tragico episodio che accadde nella centrale Via Maqueda a Palermo in pieno secondo conflitto mondiale; le palermitane Rosa Maria Chiarello (1959) e Francesca Luzzio (1950) di cui la seconda, oltre che poetessa, anche fine critico letterario e giurata in vari concorsi di poesia; Pietro Cosentino (1941) poeta e organizzatore di eventi culturali assieme a Russotti, Emanuele Insinna (1947) con un testo evocativo e una sorta di “manifesto” per la stessa antologia: “Cu voli puisia vegna ‘n Sicilia” (“Chi vuole poesia venga in Sicilia”); le cantautrici Serena Lao (n.d.) e Cinzia Sciuto (n.d.), rispettivamente palermitana e catanese; in particolare la lirica “Cancia lu ventu” della Sciuto è di formidabile presa sul lettore, capace di trasmettere grande fascino e di far sentire quel vento di cui parla sulla propria pelle; il catanese Antonino Magrì (1955), poeta ma non solo, ricercatore attento di voci poetiche locali che nel 2009 pubblicò una corposa antologia di poeti siciliani in quattro volumi; Giuseppe Pappalardo (1945), altro cultore del dialetto siciliano, attivo anche nel promuovere con eventi e iniziative sul territorio l’interesse per il dialetto siciliano e la sua letteratura. Tanti altri sono i nomi che qui trovano collocazione – mi sono limitato a citarne alcuni – ma tanti altri li conosco di persona, li ho incontrati, ne apprezzo opere e codici espressivi; chiaramente tra loro vi è lo stesso curatore dell’antologia – quale promotore culturale e poeta tanto in lingua e in dialetto – ovvero José Russotti di cui il suo Spine d’Euphorbia (2017) ha ottenuto un ampio consenso nella critica.

Russotti con la sua opera pone l’attenzione, con l’intenzione di allontanare lo spettro dell’oblio, anche su autori che, per ragioni di vario tipo, non hanno avuto la possibilità d’imporsi distintamente sulla scena letteraria o per i quali la mancanza di iniziative atte a tenere alti i rispettivi nomi sono mancate o rimaste disattese. Importante la riscoperta e la diffusione del già citato Salvatore Gaglio, stimato medico oltre che poeta e drammaturgo, di Santa Elisabetta di Agrigento venuto a mancare nel 2017. Amplissima la produzione di Gaglio – soprattutto in dialetto – che gli valse numerosi e importanti premi e che, grazie a Russotti e Piero Cosentino, ha visto la dedica, in termini recenti, in un premio letterario a Malvagna (ME). L’opera di Russotti fornisce un ampio ventaglio di possibilità di letture e di approfondimenti; le biografie, gli interessi e le pubblicazioni dei tanti antologizzati – soprattutto in campo critico-saggistico – sono talmente ampie e diversificate che ciascuno – realmente – può trovarvi approdi importanti per ulteriori ricerche, come pure sostiene il prof. Romano.

Opere come queste ampliano la conoscenza e permettono anche il sano confronto, pur nella loro conformazione didascalica – più consona forse all’enciclopedia che al volume di facile utilizzo – e sono utilissime per la loro esattezza e ricchezza di contenuti – ben lungi dalle antologie-museo – nel rendere la poesia viva e presente tra noi, anche quella prodotta decenni ormai lontani. Non è la finalità storiografica, quella di porre le biografie dei grandi nella teca chiusa e dorata della memoria e i contemporanei in teche tendenzialmente aperte nelle quali man mano si assommano materiali, lo scopo del progetto, semmai quello di rendere viva la Sicilia, tra temi, codici, linguaggi, perplessità, pensieri e paesaggi di ieri e di oggi affinché ne curiamo il ricordo e ne facciamo testimonianza.

Lorenzo Spurio


[1] Da vari anni nell’ambito dello studio della poesia mi sento particolarmente affascinato da quella che viene prodotta, oltre che nella mia Regione, in terra di Sicilia. Numerosi eventi letterari nella forma soprattutto del reading poetico da me organizzati in Sicilia a partire dal 2013, in varie parti dell’Isola, mi hanno permesso di conoscere un gran numero di poeti e di entrare in contatto con loro. Una gran quantità di materiali (poesie lette durante i reading) sono state raccolte in un ampio volume collettaneo dal titolo Sicilia, viaggio in versi (Ass. Culturale Euterpe, Jesi, 2019) da me curato che comprende le opere degli autori che dal 2013 al 2019 hanno preso parte a eventi letterari in Sicilia tenutisi a Palermo, Bagheria, Messina, Catania e Caltanissetta. Necessarie, un po’ come nel volume antologico di Russotti in oggetto, due ripartizioni all’interno del volume – in aggiunta a quella degli autori che costituiscono la parte centrale del volume – ovvero quella degli “ospiti speciali” dove figurano, tra gli altri, Maria Grazia Insinga, Salvatore Mirabile, Tommaso Romano, José Russotti e Lucio Zinna e la sezione “in memoriam” rivolta a quei poeti che ci hanno lasciato ma che vanno degnamente ricordati. Quest’ultima sezione è composta da brevi saggi critici stilati dal sottoscritto e dai poeti Antonino Causi, Antonino Magrì e Grazia Dottore sui poeti Domenico Asaro (1973-2018), Antonino Bulla (1914-1991), Maria Costa (1926-2016), Maria Ermegilda Fuxa (1913-2004), Salvatore Gaglio (1949-2017), Alessandro Miano (1920-1994), Gaetano Zummo (n.d.-2018) e Nino Martoglio (1870-1921). Quest’ultimo, chiaramente, fu regista e drammaturgo.

[2] Altro poeta inserito nella sezione dei “Grandi” originario di Linguaglossa, nel Catanese, è Senzio Mezza che lì nacque e che da anni vive a Scandicci (FI).

[3] Quest’ultimo non è contemplato in questo primo volume dell’antologia ma mi pare, comunque, opportuno citarlo.

 

 

(Nella foto: dall’alto Lorenzo Spurio (poeta e scrittore);  la copertina dell’antologia); Josè Russotti (poeta, scrittore ed editore).

 

domenica 25 aprile 2021

ARTICOLANDO ( 41 ) : MALEDETTO FEMMINICIDIO Di Matilde DI FRANCO

 

Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
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In questo n. 41 incontriamo la Prof.ssa MATILDE DI FRANCO poetessa e scrittrice con  un interessantissimo articolo “Maledetto femminicidio” che ci parla della violenza sulle donne e sull’educazione del maschio al gentil sesso.
Lieta lettura a tutti voi!

Maledetto femminicidio

Nel nostro Paese una donna viene uccisa ogni due giorni, in ambito familiare-affettivo: un dato incredibile, una vera e propria strage.

Perché le donne della società odierna vengono ammazzate? Perché l’uomo le uccide?

Sono questi gli interrogativi che ci angosciano, a cui bisogna tentare di dare una risposta, per comprendere il fenomeno che abbiamo davanti gli occhi e al quale non dobbiamo, certamente, assuefarci o rassegnarci.

Di sicuro tutte le vittime, di età, estrazione sociale e livello culturale diversi, hanno vissuto, prima di essere ammazzate, una dura situazione di assoggettamento psicologico e di emarginazione, che è durato nel tempo.

La fine violenta della loro esistenza è la conclusione tragica di una preesistente condizione di sofferenza. Hanno vissuto, cioè, maltrattamenti fisici e morali; ancora, una limitazione importante della loro libertà e una mortificazione significativa della loro identità. Ad esse è stato impedito, con azioni sempre più definite e di crescente condizionamento, di coltivare serene relazioni in ambito sociale, scolastico, lavorativo, ricreativo; di esprimere i propri bisogni e i desideri personali.

A loro è stato comandato di vivere in un mondo sempre più ristretto, tale da poter essere facilmente controllato e gestito dai vari compagni, fidanzati, mariti.

Quelle donne dovevano assumere, insomma, lo status di oggetto esclusivo del maschio – padrone e quindi smarrire quello naturale e sacrosanto di persona.

E in tale contesto trovano spazio incontrollabili gelosie, senso del possesso, egoistica e malata volontà di dominio.

La donna “oggetto” quando osa rivendicare, dopo aver preso pienamente coscienza della sua infelicità, altri orizzonti di vita o, magari, la possibilità di interrompere una relazione considerata insoddisfacente, appare, a colui a cui si ribella, un nemico, che deve essere eliminato, a ogni costo e con tutti i mezzi.

L’uomo che compie tale “oggettivazione” della figura femminile è espressione di un’antica e mai dissolta cultura patriarcale, che lo porta a vivere il fallimento di un rapporto sentimentale, orientato secondo determinate e indiscutibili regole, come una frustrazione ingiusta, vergognosa, insopportabile. Allora, per reagire a tale primitiva e insana incapacità di accettare il proprio cambiamento esistenziale, quale effetto dell’autodeterminazione femminile, assolutamente non voluta, approda proprio alla violenza estrema, come soluzione riparatrice dell’oltraggio subito.

L’assassinio di genere, quindi, non è mai frutto di raptus o di tempeste emotive, ma è il “prodotto finale” di una raccapricciante ma lucida visione della donna, della vita, del mondo.

Dobbiamo esigere maggiore attenzione della politica, delle istituzioni e di tutte le componenti sociali verso il maledetto fenomeno del femminicidio. Ma non basta.  Occorre una vera e propria rivoluzione culturale, a cui tutti dobbiamo contribuire.

Dobbiamo costruire una società migliore educando diversamente le nuove generazioni. Dobbiamo insegnare ai nostri figli, fin da piccoli, il valore delle “pari opportunità”, per contrastare pericolosi stereotipi e cristallizzate divisioni di ruoli.  Dobbiamo educare, maschi e femmine, a rispettare la libertà delle persone, ad accettare eventuali perdite, a non dipendere totalmente dagli altri, nemmeno da quelli per cui si provano sentimenti importanti.

Dobbiamo ricordare ai giovani che l’amore non è possesso, ma condivisione, rispetto, cura dell’altro e desiderio del suo bene. Dobbiamo esortare le ragazze a riconoscere bene i “veri uomini” e a fuggire subito da certi delinquenti camuffati da principi azzurri e da certi castelli dorati che in realtà sono prigioni.  Dobbiamo ribadire ai ragazzi che la donna che sta loro accanto non è proprietà ma individuo, che può legittimamente decidere, anche, di andare via, senza, per questo, demolire la loro dignità, che risiede esclusivamente nella loro intelligenza e nella capacità di stare al mondo.

Allora sicuramente, quando i ragazzi e le ragazze elaboreranno, in maggioranza, una percezione più autentica del rapporto tra i sessi, le tristissime statistiche dei delitti di genere scompariranno o avranno, almeno, cifre meno impressionanti.

Matilde Di Franco

(Nella foto: Matilde di Franco poetessa, scrittrice e autrice di questo articolo).


martedì 20 aprile 2021

ARTICOLANDO ( 40 ) : RECENSIONE DEL POETA E SCRITTORE ANTONINO CAUSI AL LIBRO "LE MIE LENZUOLA" DEL POETA E PITTORE PIETRO COSENTINO

 

 

 

 


 
 
 

Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
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In questo n. 40  il poeta e scrittore Antonino Causi recensisce il libro di poesie “LE MIE LENZUOLA” del poeta e pittore Pietro Cosentino.
Felice lettura a tutti voi!

 

 

Recensione al libro “LE MIE LENZUOLA” di Pietro Cosentino

edizioni Fogghi Mavvagnoti, novembre 2020

Antonino CAUSI

 

Il poeta e pittore Pietro Cosentino in questa corposa e nostalgica silloge dal titolo “Le mie lenzuola” ci consegna delle liriche in italiano e in dialetto palermitano unitamente a dipinti intessuti di ricordi e profonde riflessioni che comprendono il periodo dell’infanzia e quello della piena maturità.

Sono presenti i luoghi della Palermo di un tempo, ricca di genuinità e forte naturalezza, come in “Mondello mia”, dove il Cosentino mette a raffronto i suoi 70 anni con quelli del borgo marinaro dei palermitani.

Egli si domanda se sia cambiato più lui o la spiaggia di Mondello e recita: ti sei via via adattata/anno per anno/ ad una società impazzita/ che ha ripudiato/ tutti i valori antichi/ tramandati da chi/ edificò quel meraviglioso villino/ e aggiunge: via i vecchi negozi via le mitiche arene/ via il campo di palla al volo via i chioschi di gelati/ nel centro della piazza Valdesi/. 

Questa poesia mi è piaciuta molto, perché anch’io come il poeta Cosentino, conservo gelosamente e sapientemente i ricordi di questo suggestivo borgo marinaro.

Bello il finale della lirica, l’autore ci spiega che in questo periodo di tempo sospeso, con le strade vuote e allagate, Mondello appare viva e forte e c’è grande sintonia fra lui e la spiaggia.

Molte sono le poesie che evocano i ricordi vedi “La conchiglia bianca; “Tempu di carriu”; “Li rosi di lu picciutteddu”, in quest’ultima sono racchiusi la tenerissima storia e l’inizio artistico di un Cosentino che quattordicenne e malato a una gamba, impara l’arte della pittura, grazie a quattro rose del suo giardino, tagliate con le forbici e messe con delicatezza dalle mani della madre. 

Commovente è la lirica “Figghiu luntanu”, qui una madre si strugge e si dispera per il figlio lontano e lo invita ad essere libero di fare ciò che crede sia giusto per se e poter stare bene e in pace con la sua coscienza e aggiunge: cummatti, figghiu, ca sulu 'a battaglia/ca nun cummatti è chidda ca po' perdiri.

Bella ed eccitante, mista fra eros, fraganze e gusti caseari la lirica “Inebriante profumo di formaggi”.

Ne “Lu ferru”, affiorano sensazioni e grandi emozioni, sofferenze e patimenti, ma anche gioie dolci e innocenti.

Ci sono tutte quelle ricordanze, così le chiama lui, esse percorrono la sua vita come in un film, quel ferro messo su una porticina, chiude tutto per non farla aprire, solo lui può entrare attraverso la sua memoria.

Nella poesia “Vucidda mia” c’è tutto il suo grido lungo le strade per tutti gli ultimi, i carcerati, i migranti e coloro che vogliono morire. Un manifesto di denuncia verso le ingiustizie, i dolori e le afflizioni che ahimè la vita riserva nel suo quotidiano travagliato vivere sociale.

In “Comu un roggiu accurdatu” il Cosentino ci dice che un vero poeta non è quello che fa attenzione alla metrica, alle rime, o quello che parla nelle sue poesie delle nuvole, delle rondinelle, dell’arcobaleno, della luna, delle stelle o del cielo.

Un vero poeta deve trasmettere quello che esce dalla propria poesia e che entra dentro ad ognuno di noi e fa sentire il cuore che batte “comu un roggiu accurdatu”, questo è il vero poeta!

La poesia di Cosentino è vera, incisiva e spontanea, così il grande poeta romantico inglese John Keats : “se la poesia non viene naturalmente  come le foglie vengono ad un albero, è meglio che non venga niente”. 

 

Complimenti quindi al poeta e pittore Cosentino, le sue lenzuola sono candide, la sua liricità è autentica e diretta.

I suoi dipinti sono una forte pennellata di sconfinata emotività.

 

Antonino CAUSI

 

(Nelle foto: il poeta e scrittore Antonino Causi, la copertina del libro “Le mie lenzuola” e l’autore Pietro Cosentino).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

domenica 11 aprile 2021

A PALERMO PRESSO SPAZIO CULTURA SI PRESENTA IL LIBRO DI PIETRO COSENTINO "LE MIE LENZUOLA"

 
 
 
 

 
 

Venerdì 23 aprile 2021 alle ore 18.30 si effettuerà la diretta della presentazione del libro del poeta e pittore Pietro Cosentino (Picos) “Le mie lenzuola” edito da Fogghi Mavvagnoti  dicembre  2020 .

Dialogheranno in remoto con l’Autore la prof.ssa Maria Antonietta Spadaro storica dell’arte, il prof. Tommaso Romano critico e scrittore e la prof.ssa Maria Gloria Calì  esperta in didattica del paesaggio.

Sarà possibile seguire l’evento cliccando sulla pagina Facebook  di Spazio Cultura libreria Macaione https://www.facebook.com/spazioculturalibri

Info: Spazio Cultura tf 0916257426 cell 3384656633

Si ricorda inoltre che l’autore Pietro Cosentino salvo nuovi DPCM e ulteriori restrizioni imposte dal Covid 19 sarà disponibile in libreria dalle 17.30 alle 19.45 per il firmacopie.

Pietro Cosentino è nato a Palermo nel 1941. Dopo gli studi umanistici al Liceo Classico G. Garibaldi di Palermo, si è laureato in Fisica ed è stato Professore universitario di Geofisica Applicata per 43 anni in Italia e per un anno in Inghilterra. Ha insegnato, tra l’altro, nel corso di Laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. Oltre all’attività scientifica, ha sempre curato la sua prima grande passione, iniziata quando aveva appena dieci anni e cioè quella per il disegno e la pittura.

(Nelle foto: La copertina del libro “Le mie lenzuola” e l’autore Pietro Cosentino).

  

domenica 28 marzo 2021

ARTICOLANDO ( 39 ) : ALESSANDRA DI GIROLAMO recensisce la silloge poetica "Cristalli di Luce" della poetessa ROSA MARIA CHIARELLO

 


 

 

 

 


 

 

Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
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In questo n. 39 incontriamo la critica letteraria Alessandra Di Girolamo che recensisce la silloge poetica “Cristalli di luce “ della poetessa Rosa Maria Chiarello edizione Associazione Culturale La Biglia Verde.
Proficua  lettura a tutti voi!

RECENSIONE di Alessandra Di Girolamo

alla silloge poetica “Cristalli di luce” di Rosa Maria Chiarello

 

Come mi piace ricordare, meglio che vivere, del resto che differenza fa!” (Roberto Benigni).

All’inizio mi è sembrata una poesia triste, molto triste … ma rileggendo le liriche mi sono accorta che il ricordo, in questo caso, non può essere associato alla tristezza ma ad una vita felice, vissuta con quella intensità che mai si potrà scordare.

La silloge poetica di Rosa Maria Chiarello, rappresenta un lungo viaggio dentro alle emozioni più nascoste. La poetessa ci racconta dei suoi affetti, dei suoi legami, dei momenti passati che mai potranno tramontare perché anche se passati continuano, come “cristalli di luce”ad illuminare ogni giorno della sua esistenza.

Un flusso continuo di nostalgiche sensazioni, un connubio tra passato e presente che ,a volte, si fonde confondendosi tra ciò che è stato e ciò che ancora è. Anche la coniugazione di molti verbi all’interno delle liriche aprono quel varco di speranza che accompagna una presenza non più fisica ma spirituale.

“ Sono qui seduta sulla tua sedia in questa casa vuota. Tutto mi parla di te. Tu sei la mia mamma e sei la più forte, io ti guardo e sto in silenzio. Tu sorridi, chiudi gli occhi e te ne vai”.

Questo legame indissolubile con la mamma è qualcosa di veramente straziante ed emozionante. L’autrice dedica molti versi alla madre e in ogni singola parola si respira questa sua grande disperazione di non averla fisicamente più accanto a lei! Per fortuna Rosa Maria Chiarello percepisce il suo immenso amore sotto forme diverse.

“Il mio Angelo sei, riconosco il tuo profumo, il tuo incedere dolce e delicato”.

Tante le liriche rivolte alla famiglia; poesie scritte per il suo adorato papà, la sua nonna, ma anche i suoi figli, gli amici, persone a lei molto care, che continuano ad accompagnare il suo cammino.

Dolcissimi i versi cantano la sua spensierata infanzia a casa della nonna, con tradizioni e costumi del paese.

“Pomeriggi assolati di una estate paesana. Un mulo carico di biada si trascina col suo padrone. Ci coccoli con le brioscine di Agostino e col girasole appena sfornato”.

Versi delicati, semplici, diretti, accessibili a tutti! D'altronde la poesia secondo me deve arrivare in modo diretto ad ogni interlocutore, deve essere percepita con grazia ma senza troppa difficoltà di interpretazione.

Si parla anche di un amore che, a volte, rappresenta un’alba altre un tramonto ma che pur sempre è linfa vitale per un cuore sincero e puro.

“Vieni via con me, non andare, stringimi forte, fuori è notte. Staremo ancora insieme nel percorso della vita intrisa di sogno e verità”.

L’autrice nelle sue poesie parla spessa con Dio, gli chiede di riunire i popoli della terra, di mantenere la pace e far risorgere l’uomo nell’abbraccio dell’amore.

“Confido in Te Signore e nel tuo Sostegno”.

Desiderio di un mondo migliore, dove solo la solidarietà, l’integrazione, il rispetto possono scuotere le coscienze di molti. Rosa Maria Chiarello scrive di quei barconi colpiti da onde folli del mare, racconta di corpi provati, di sconforto, di disperazione … ma anche di mani che si giurano eterno amore guardando le stelle.

Tanti i temi presenti in questa raccolta di poesie, notevoli spunti di riflessione riemergono da ciascuna lirica; il tema centrale, come ho già scritto, è il ricordo che avvolge qualsiasi pensiero dell’autrice. Ricordi che, come radici di una pianta,le trasmettono sicurezza, conforto, pace, aiutandola ad affrontare le difficoltà che la vita ogni giorno le presenta. Ne scaturisce un vissuto felice, una famiglia unita, tradizionale, legata alle feste, alle usanze del proprio paese. Tutti questi elementi assemblati fra loro, permettono a Rosa Maria Chiarello di trovare sempre quella luce in fondo alla sua anima che la aiuta a dare un senso ad ogni suo respiro.

Concludo questa recensione raccomandando i lettori di rileggere più volte i versi dell’autrice al fine di poter apprezzare fino in fondo il senso delle sue liriche.

CITAZIONE

“Non so pensarti sulla nuda terra, non so consolarmi al pensiero che non ci sei. Seduta sul tuo letto sento ancora il tuo profumo, mi aggiro per casa alla ricerca di te, annuso i tuoi abiti e tutto ciò che ti appartiene, mi aspetto che da un momento all’altro entrerai da quella porta. Ma non lo farai”.

 

(Nelle foto: dall’alto Alessandra di Girolamo, la copertina della silloge “Cristalli di luce” e Rosa Maria Chiarello)