Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti
gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica
letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
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In
questo n. 42 incontriamo il Dott. Lorenzo Spurio (poeta e scrittore) che ha
curato la prefazione dell’Antologia di Poeti contemporanei siciliani. Ventanni
dopo il duemila vol.1
Felice lettura a tutti voi carissimi.
L’OPERA
ANTOLOGICA DEI POETI SICILIANI “VENT’ANNI DOPO IL DUEMILA” DI
JOSÉ RUSSOTTI
Gli studi e gli approfondimenti
sulla poesia siciliana contemporanea si arricchiscono di un volume
particolarmente pregevole uscito negli ultimi giorni dopo un instancabile
lavoro di ricerca, studio e compilazione del poeta messinese José Russotti. Il volume,
Antologia di Poeti contemporanei
siciliani. Vent’anni dopo il Duemila, pubblicato per i tipi di Fogghi
mavvagnoti, è un tomo prezioso che si compone di trecentosessanta pagine ricche
di informazioni, note biografiche, approfondimenti, commenti critici, rimandi,
studi ragionati e apparati bio-bibliografici sui numerosi poeti e poetesse che
ivi sono stati inseriti.
Si sa, ogni operazione antologica
desta sempre attenzione e curiosità da parte dei lettori ma spesso non è scevra
da opinioni contrastanti tra chi, entusiasta per la propria presenza (magari al
fianco di “grandi” della letteratura, presenti anche in manuali e storie
letterarie di critici eminenti) e sfiduciato e incollerito per la non
inserzione, creano spesso un clima difficile da indagare.
Ruolo del curatore è quello di
completare il lavoro per come l’ha ideato senza lasciarsi intaccare più di
tanto dalle dicerie e dalle critiche che, dinanzi a un’operazione collettiva
come questa che richiama un discorso di aristocrazie e florilegio,
immancabilmente si presenta. Ce lo insegna Pier Paolo Pasolini che, con la nota
antologia di poesia dialettale uscita per i tipi di Guanda curata con Mario
dell’Arco nel 1952 diede adito a critiche furibonde sui cosiddetti “mancati
inserimenti” o le sedicenti “gravi lacune” ma anche nei confronti de Dieci condizioni poetiche (1957)
dell’anconetano Plinio Acquabona che, più che mosso dall’intenzione di creare
un’antologia vera e propria, produsse un testo polifonico – nel quale pure si
auto-inserì – includendo alcune delle voci poetiche del periodo che considerava
importanti. Anche in quel caso non mancarono critiche. Come – lo riconosco –
non ne son mancate qualche anno fa quando compilai i due corposi volumi del Convivio in versi. Mappatura democratica
della poesia marchigiana (PoetiKanten Edizioni, Sesto Fiorentino, 2016),
con l’inserimento totale di più di 280 poeti (ciascuno con nota
bio-bibliografica e un testo scelto) dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi.
Si sa il desiderio utopico di totalità
non può sussistere nell’imperfettibilità dell’uomo ed è umanamente impossibile
approcciarsi in maniera globale e totalizzante in relazione a un “censimento”
di questo tipo. Chiaro è che l’antologista, pur non chiarendone in maniera
diretta su carta le ragioni, dovrebbe certo lasciare intendere o motivare
quelli che sono i paradigmi che hanno condotto alla costituzione di un’antologia
in un determinato modo.
Tornando all’operazione editoriale
di José Russotti questo aspetto vien chiarito molto bene nella nota incipitaria
del poeta Mario Tamburello che, in apertura ai tanti profili bio-bibliografici
inseriti dal curatore, sostiene: «Una bella raccolta e, come ogni opera bella,
inevitabilmente incompiuta, perché accanto ai “Grandi” e ai già selezionati,
altre interessanti voci nuove sono da scoprire nello scenario letterario di
Sicilia» (11). Credo che stia proprio in
questo la ricchezza di un’antologia: nella capacità di non dirsi mai compiuta e
completa e di richiamare sempre continue rivisitazioni, implementazioni ed
aggiunte. Non solo alla luce del tempo che passa e che, puntualmente, ci
consente di prendere atto di nuovi profili poetici che s’imprimono e di altri
che s’irrobustiscono, ma anche per andare di volta in volta a colmare – nei
limiti del consentito e delle conoscenze che è possibile raggiungere – quei
“buchi” che necessitano giustamente una trattazione, seppur approssimativa e
generale, almeno un sorvolo e un richiamo. La limitatezza e friabilità
dell’antologia sta proprio in questo che, visto con altri lenti, non può essere
che un elemento di forza visto dal critico onesto, dall’antologista premuroso e
grande studioso prima di tutto come un dovere morale nei confronti della
letteratura. Russotti, dal momento che lascia ben intendere che questo è solo
il primo volume di non si sa quanti tomi – e dunque che è un progetto in fieri – mi pare di poter osservare
che “naviga” proprio su questo tipo di ragionamento. E per fortuna. Ben dice il
poeta Tommaso Romano che, nel commento conclusivo, a titolo riepilogativo
dell’intero progetto, osserva che «Russotti [ha fatto] scelte libere e
consapevoli, [ha proposto] un suo personalissimo modo di approccio che rimanda
e invita il lettore e lo studioso ad approfondimenti scientifici ulteriori» (355).
Un’opera come questa, che si
prefigge di raggrumare nelle pagine di un libro tanti (e così tanto diversi)
percorsi umani e letterari necessita, oltre che di tutti questi accorgimenti
critici che la dotano e la arricchiscono, di una suddivisione degli stessi
contenuti. Ecco che viene in aiuto la ripartizione (senz’altro opinabile, ma in
tal contesto utile per l’organizzazione) tra due macro-gruppi di poeti “I
Grandi di Sicilia” e “I Contemporanei di Sicilia”. Non è una divisione netta
tra morti e viventi. Tra i cosiddetti classici, il cui decesso ha marcato un
percorso di chiusura e di lettura dell’opera e, semmai, la nascita di una
critica fluente e coloro che, nell’attualità, sono impegnati in campo poetico.
Difatti troviamo nella prima sezione dei “Grandi” voci importanti – anche a
livello nazionale – quali Giuseppe Bonaviri (1924-2009), Bartolo Cattafi (1922-1979)
e Nat Scammacca (1924-2005), importante ponte tra poesia siciliana e americana
nonché esponente di spicco di un avanguardismo poetico. Giustamente tra i “Grandi”
figurano anche (tra gli altri) i poeti Lucio Zinna (1938), Tommaso Romano
(1955), Santo Calì (1918-1972) di Linguaglossa (CT), autore importante
per gli studi sul folklore della Sicilia orientale, Salvatore Di Marco (1932),
poeta dialettale ma soprattutto fine e insaziabile saggista (autore, tra
l’altro, di un pregevole saggio su Ignazio Buttitta). Notevole è il profilo del
prof. Domenico Pisana (1958) di Modica, attento studioso della poesia degli
Iblei con varie pubblicazioni, non solo quale poeta ma anche nelle vesti di teologo.
Di Pisana è inserita la pregevole lirica “Canto dal sud est”. Mia fortuna e
onore l’aver conosciuto e l’intrattenere rapporti con alcuni di essi.
La seconda sezione del volume, “I
contemporanei di Sicilia”, totalizza ben cinquantaquattro inserimenti di poeti
contemporanei siciliani che vivono nelle varie zone dell’Isola. Inutile e
troppo didascalico citarli tutti (rimando all’indice dei nomi presente in
rete); tra di essi segnalo Nino Barone (1972) senz’altro uno dei maggiori poeti
dialettali del Trapanese assieme a Marco Scalabrino (1952);
Francesco Camagna (1961) di Marsala presente con un doloroso testo, “La strage
del pane”, relativo a un tragico episodio che accadde nella centrale Via
Maqueda a Palermo in pieno secondo conflitto mondiale; le palermitane Rosa
Maria Chiarello (1959) e Francesca Luzzio (1950) di cui la seconda, oltre che
poetessa, anche fine critico letterario e giurata in vari concorsi di poesia; Pietro
Cosentino (1941) poeta e organizzatore di eventi culturali assieme a Russotti,
Emanuele Insinna (1947) con un testo evocativo e una sorta di “manifesto” per
la stessa antologia: “Cu voli puisia vegna ‘n Sicilia” (“Chi vuole poesia venga
in Sicilia”); le cantautrici Serena Lao (n.d.) e Cinzia Sciuto (n.d.),
rispettivamente palermitana e catanese; in particolare la lirica “Cancia lu
ventu” della Sciuto è di formidabile presa sul lettore, capace di trasmettere
grande fascino e di far sentire quel vento di cui parla sulla propria pelle; il
catanese Antonino Magrì (1955), poeta ma non solo, ricercatore attento di voci
poetiche locali che nel 2009 pubblicò una corposa antologia di poeti siciliani
in quattro volumi; Giuseppe Pappalardo (1945), altro cultore del dialetto
siciliano, attivo anche nel promuovere con eventi e iniziative sul territorio
l’interesse per il dialetto siciliano e la sua letteratura. Tanti altri sono i
nomi che qui trovano collocazione – mi sono limitato a citarne alcuni – ma
tanti altri li conosco di persona, li ho incontrati, ne apprezzo opere e codici
espressivi; chiaramente tra loro vi è lo stesso curatore dell’antologia – quale
promotore culturale e poeta tanto in lingua e in dialetto – ovvero José
Russotti di cui il suo Spine d’Euphorbia
(2017) ha ottenuto un ampio consenso nella critica.
Russotti con la sua opera pone
l’attenzione, con l’intenzione di allontanare lo spettro dell’oblio, anche su
autori che, per ragioni di vario tipo, non hanno avuto la possibilità d’imporsi
distintamente sulla scena letteraria o per i quali la mancanza di iniziative
atte a tenere alti i rispettivi nomi sono mancate o rimaste disattese.
Importante la riscoperta e la diffusione del già citato Salvatore Gaglio,
stimato medico oltre che poeta e drammaturgo, di Santa Elisabetta di Agrigento
venuto a mancare nel 2017. Amplissima la produzione di Gaglio – soprattutto in
dialetto – che gli valse numerosi e importanti premi e che, grazie a Russotti e
Piero Cosentino, ha visto la dedica, in termini recenti, in un premio
letterario a Malvagna (ME). L’opera di Russotti fornisce un ampio ventaglio di
possibilità di letture e di approfondimenti; le biografie, gli interessi e le
pubblicazioni dei tanti antologizzati – soprattutto in campo critico-saggistico
– sono talmente ampie e diversificate che ciascuno – realmente – può trovarvi
approdi importanti per ulteriori ricerche, come pure sostiene il prof. Romano.
Opere come queste ampliano la
conoscenza e permettono anche il sano confronto, pur nella loro conformazione
didascalica – più consona forse all’enciclopedia che al volume di facile
utilizzo – e sono utilissime per la loro esattezza e ricchezza di contenuti –
ben lungi dalle antologie-museo – nel rendere la poesia viva e presente tra
noi, anche quella prodotta decenni ormai lontani. Non è la finalità
storiografica, quella di porre le biografie dei grandi nella teca chiusa e
dorata della memoria e i contemporanei in teche tendenzialmente aperte nelle quali
man mano si assommano materiali, lo scopo del progetto, semmai quello di
rendere viva la Sicilia, tra temi, codici, linguaggi, perplessità, pensieri e
paesaggi di ieri e di oggi affinché ne curiamo il ricordo e ne facciamo
testimonianza.
Lorenzo Spurio