sabato 30 gennaio 2021

ARTICOLANDO ( 36 ): "La minaccia dell’oblio sulla memoria storica: il caso di Miguel Hernández" dello scrittore e poeta LORENZO SPURIO

 
 
 


 
 

Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
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In questo n. 36 incontriamo il Dott. Lorenzo Spurio (poeta e scrittore) con un interessantissimo articolo dal titolo: “
La minaccia dell’oblio sulla memoria storica: il caso di Miguel Hernández”
Un invito alla lettura per tutti gli appassionati di storia e poesia.

 

 

“La minaccia dell’oblio sulla memoria storica: il caso di Miguel Hernández”

 

Lorenzo Spurio

 

 

Circa un anno fa, a marzo 2020, un'imponente manifestazione popolare ha interessato alcuni spazi del noto cimitero dell’Almudena a Madrid. Ciò è accaduto in seguito alla decisione presa dall’Ayuntamiento, ovvero il Comune, nella figura dell’Alcalde, il sindaco José Luis Martínez Almeida, di provvedere a una sorta di “restyling” del monumento del Memoriale delle vittime del franchismo, da lui etichettata come una operazione di resignificación vale a dire di “rivisitazione” o “nuova contestualizzazione”. La decisione dell’amministrazione di rimuovere le iscrizioni di circa 3000 persone uccise, fucilate e massacrate nel corso del conflitto della guerra civile spagnola (1936-1939) e del periodo franchista comprendeva anche quella dell’eliminazione di tre targhe dal valore fortemente simbolico con alcune dichiarazioni o versi di alcuni emblemi della lotta al franchismo. Tra di esse quella dedicata allo sfortunato poeta Miguel Hernández, nato nel piccolo villaggio di Orihuela nella zona di Alicante nel 1910 che, dopo aver servito nelle file repubblicane ed essere stato arrestato, era morto malato in una prigione nel 1942.

Al termine del conflitto civile, infatti, la gran parte di coloro che avevano combattuto e si erano fortemente impegnati per la causa rivoluzionaria – salvo coloro che riuscirono a mettersi in salvo con l’esilio – vennero fatti oggetto di una dura campagna di persecuzione con arresti sommari. Hernáandez, che non aveva mai esitato a mostrarsi quale poeta comprometido con le sinistre, combattendo sul campo per la sua ideologia, venne arrestato dai nazionalisti che nel 1939, dopo un conflitto che aveva fatto sanguinare la Spagna tutta, erano riusciti a riportare la vittoria.

La condanna a morte prima e, in un secondo momento, una leggera concessione, grazie all’intervento del poeta José María de Cossío (1892-1977), che gli permise la commutazione della pena a trenta anni di detenzione. Un plazo spaventoso che il poeta alicantino nelle deplorevoli condizioni igienico-sanitarie alle quali era costretto a vivere non riuscì a vincere. Contratto il tifo e malato di un’acuta forma di tubercolosi, che non poté essere curata, morì nel marzo del 1942 e venne poi inumato in un loculo del cimitero di Alicante.

Ora, a quarantacinque anni dalla fine del franchismo, in una Spagna che nel tempo si è sempre detta democratica, sebbene non siano mai mancati negli ultimi decenni casi di dissidio sociale, di contrapposizioni storiche, di violenze verbali e negazionismi spaventosi, un’onta sulla memoria storica delle vittime del franchismo si riaffaccia come reale.

A continuazione riporto la versione da me tradotta in italiano di questo fermo manifesto d’indignazione e denuncia[1] redatto in questa occasione che ha trovato (e continua a trovare) numerosi firmatari, tra associazioni, federazioni, comitati e singole persone, tanto in Spagna che in altri paesi del mondo.

 

“Che il mio nome non si cancelli dalla storia” lasciò scritto Julia Coesa nella notte del 4 agosto 1939. Una delle vittime della barbarie franchista che fu fucilata, assieme alle sue compagne, nei pressi del muro di contenimento del cimitero dell’Almudena [a Madrid] dove una placca ricorda la sua memoria affinché non dimentichiamo il suo lascito né quello dei suoi assassini.

Gli eredi politici del franchismo, [che] ora [siedono] al Comune di Madrid, hanno cominciato una campagna di umiliazione delle vittime che si è aperta con la cancellazione dei nomi dei 2936 repubblicani e repubblicane fucilati tra il 1939 e il 1944 e che è continuata con l’eliminazione dei versi del poeta Miguel Hernández. Che, oltre ad essere un poeta, era un comunista, un pastore e un

 

[1] Il manifesto in lingua originale può essere letto a questo link: https://www.nuevatribuna.es/articulo/sociedad/recitalpoetico-miguelhernandez-memorial-cementeriodeleste-victimasfranquismo/20200224180129171441.html

 

lottatore compromesso con la Seconda Repubblica. Tutto ciò che adesso odia coloro che governano al consiglio comunale.

Andrea Levy osò macchiare il nome di Max Aub strumentalizzando il lascito del drammaturgo esiliato che ripudiava tutto ciò che assomigliava in qualcosa alla consigliera della Cultura e a coloro che impiegano l’immagine del sangue versato e disprezzato per coltivare i propri privilegi. José Luis Martínez Almeida [sindaco di Madrid] y Begoña Villacís [consigliera al comune di Madrid], inginocchiati dinanzi Ortega Smith hanno sputato sulle tombe del nostro passato. E non lo possiamo tollerare.

“Sono ferito, guardami: necessito d’altra vita” lasciò scritto il poeta. Non l’ebbe, come tanti altri uomini e donne ai quali un regime criminale e ancor oggi impunito gli strapparono la vita e l’idea del futuro. Donne e uomini che ancora oggi questo Comune fa di tutto per cancellare, perseverando nell’umiliazione che iniziò dopo la guerra.

Senza la memoria non ci sono ricordi né storia che possa valere. Senza le placche che ricordano le vittime, leali alla democrazia, le loro parole e i loro nomi, qualsiasi monumento rimane vuoto, si converte in una pietra del tradimento. Contro la storia tradita, la memoria. Contro i versi strappati, la cultura.

Per questo esigiamo la verità, la giustizia e il risarcimento. Esigiamo che il Comune di Madrid incida nel memoriale i 2936 nomi delle vittime assassinate dai ribelli franchisti, che collochi le parole di Julia Conesa e i versi di Miguel Hernández. Per la libertà. Affinché giunga, finalmente, la pace, non la vittoria

Perché furono, siamo. Perché siamo, saranno.

 

A conclusione riporto la mia traduzione in italiano di un estratto dell’opera poetica di Miguel Hernádez dalla poesia “El herido”[2] ossia “Il ferito” che si riferisce al dramma del conflitto bellico:

 

Per la libertà sanguino, lotto, sopravvivo,

per la libertà, i miei occhi e le mie mani,

come un albero carnale, generoso e prigioniero,

do ai chirurghi.

 

Per la libertà sento più cuori

che sabbia nel mio petto: producono spuma le mie vene

ed entro negli ospedali, ed entro nelle garze

come nei gigli.

 

Per la libertà mi sgancio dalle ferite

di quelli che hanno rivoltato le proprie statue di lato.

e mi sgancio a colpi dei miei piedi, delle mie braccia,

della mia casa, di tutto.

 

Perché dove alcune grotte vuote albeggiano,

lei metterà due pietre di sguardo futuro

e farà sì che nuove braccia e nuove gambe crescano

nella carne dilaniata.

 

Germineranno energiche senza autunno

le reliquie del mio corpo che perdo in ogni ferita.

Perché sono come l’albero tagliato, che rigermoglio:

perché ancora ho vita.


 2 La poesia “El herido” porta come dedica “Al muro di uno ospedale di sangue” ed è inserita nel libro El hombre acecha (1937-1939) dedicato a Pablo Neruda. Il componimento da me riportato si riferisce alla sola seconda parte della poesia.

 

(Nelle foto: In alto lo scrittore e poeta Lorenzo Spurio, nelle altre il poeta spagnolo Miguel Hernández e un manifesto a lui dedicato).

 

martedì 26 gennaio 2021

I MEMORIAL CESARE CACCIOLA "LA TAVOLOZZA DELL'ANIMA" Ed. 2020


 
 

 Carissime amiche e amici un invito a partecipare a un prestigioso e stimolante concorso, organizzato da Fabrizio Cacciola (Il Poeta di Sparta), si tratta del I MEMORIAL Cesare Cacciola ediz. 2020, con il patrocinio dell’Ambasciata di Palestina Roma Italia – l’Assemblea Regionale Siciliana (A.R.S.) – Il Cenacolo Letterario Italiano via 25 novembre di Cefalù, il Comune di Messina e il Comune di Cefalù (PA). Ecco il titolo:

CONCORSO PITTORICO E POETICO INTERNAZIONALE

“LA TAVOLOZZA DELL’ANIMA”

Qui sotto il bando completo e la scheda di partecipazione.

Grazie a tutti coloro che aderiranno e in bocca al lupo.

 

 

 


 



 
 

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domenica 24 gennaio 2021

ARICOLANDO ( 35 ) : ARTICOLO CON RECENSIONE DELLA PROF.SSA, POETESSA E SCRITTRICE MATILDE DI FRANCO


 

 

 

Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
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In questo n. 35 incontriamo la Prof.ssa, poetessa e scrittrice  Matilde DI FRANCO con  un articolo dal titolo “La poesia e la storia” e una recensione ivi inclusa alla poesia inedita “Come urla del vento” della poetessa Rosanna Vicari. 

Buona lettura a tutti voi! 


 

 

La Poesia e la Storia

 

Il testo poetico è costruzione linguistica che assolve allo scopo di conoscere e rappresentare il mondo, nonché e idee e i sentimenti degli uomini.

Tale funzione interpretativa diventa, contemporaneamente, comunicativa, in quanto veicolo di messaggi che si esprimono attraverso elementi formali specifici (versi, strofe, rime, assonanze, consonanze, figure retoriche, lessico...) e aspetti timbrici e fonici, per nulla secondari rispetto ai primi.

La Poesia, allora, lungi dall’essere mero ed evasivo esercizio di fantasia letteraria, è prezioso strumento di analisi della realtà, presente o passata, e quindi, a volte, alveo di memoria storica.

Coltivare la memoria storica significa acquisire consapevolezza critica del passato, delle imperfezioni umane e dei grandi errori trascorsi, in un’ottica di raccordo con il presente e il futuro.

La Poesia, infatti, pur in assenza di dichiarate e preconfezionate intenzioni, aspira all’elevazione dell’individuo e alla costruzione di una società migliore.

Allora, insieme ad altri saperi e ad altre forme espressive, ha una sostanziale valenza formativa, perché a stimolare l’intelletto e a sensibilizzare le coscienze.

Congruente a tale visione appare la lirica inedita “Come urla del vento”, della poetessa Rosanna Vicari.

In essa l’autrice tratta il tema dello sterminio nazista degli ebrei e delle altre “indesiderabili” categorie umane, che ha segnato profondamente e tragicamente la Storia del Novecento.

Subito il lettore vede, come con gli occhi, l’immagine di un treno che “corre sui binari del dolore” con il suo “carico di vittime innocenti”, in un paesaggio desolato, muto, caratterizzato da “una notte buia senza stelle”, in cui “l’ombra della morte aleggia nell’aria”.

E il treno che avanza, con il suo “cupo” sferragliare, a un certo punto, tramite il suo “fischio”, paragonato al “rombo di un tuono”, “squarcia quel sordo silenzio”.

Tale rottura è definitiva: al fischio si aggiungono “il suono delle sirene” del campo di concentramento, “grida di orrore”, “ringhiare di cani”.

La corsa poi si conclude: il treno si arresta e “si spalancano, ancora una volta, le porte dell’inferno”.

E in quell’inferno trovano spazio i forni crematori che ammorbano l’aria, perchè spargono ceneri di carne umana, che, “spazzate via dal vento, anneriscono la candida neve.”

La differenza tra il candore della neve e il colore scuro delle ceneri evoca efficacemente il contrasto tra l’innocenza delle vittime e la ferocia degli aguzzini, tra la purezza della natura e la sua profanazione ad opera della bestialità umana, tra la vita e la morte.

Anche i nuovi e sfortunati passeggeri moriranno e diventeranno cenere, come quelli che li hanno preceduti e che sono diventati fumo; e nelle ceneri degli uomini, delle donne e dei bambini “sui quali si è accanito, feroce, il destino”, finiranno i “ricordi”, i “dolori” e i loro “segreti”.

Ma quelle esistenze annientate e crudelmente sacrificate saranno, per sempre, “cenere leggera” e viaggeranno “nel vuoto dell’infinito come urla del vento”.

La poesia, a struttura libera, particolarmente suggestiva e rievocativa, si conclude proprio così.

Potente è la rappresentazione poetica di un’umanità calpestata, umiliana, violentata, che, pur essendo stata ridotta in polvere, continua, oltre il tempo e lo spazio, a urlare il dolore delle loro vite spezzate e del loro misero tempo.

Un componimento che esalta il valore del ricordo, quello della poetessa Rosanna Vicari, di cui l’uomo, oggi più che mai, ha tanto bisogno.

Abbiamo il dovere morale di ascoltare e onorare gli “urli “del passato; abbiamo necessità, per evitare di ricadere, un giorno, nel baratro delle sistematiche e legittimate persecuzioni razziali, di ricordare ciò che è stato, con la mente e il cuore.

D’altra parte, che cosa significa ricordare, se non, come ci insegnano gli antichi, ripassare dalle parti del cuore?

 

Matilde Di Franco

 

venerdì 22 gennaio 2021

ECCO IL PROGRAMMA 2021 DELLA SOCIETA' DANTE ALIGHIERI DI PALERMO

 

Carissimi amici ecco a voi il calendario 2021 della Società Dante Alighieri di Palermo.

Gli appuntamenti mensili saranno dedicati a due anniversari importanti, il 750° della morte di Dante e il centenario della nascita di Sciascia.

Alcuni scrittori contemporanei dialogheranno sulle loro opere.

La Società Dante Alighieri è presieduta dalla Prof.ssa Domenica Perrone.

Gli incontri culturali interrotti nel febbraio 2020 a causa della terribile pandemia, riprendono con le modalità a distanza, l’augurio e che a giugno 2021 si possa continuare con un numero di presenze contingentate.

La foto della locandina è della socia della Dante alighieri Anna Benigno.

domenica 3 gennaio 2021

UN AUTORE, UN LIBRO ( 45 ) : VALERIO VARESI - L'ORA BUCA

 


 VALERIO VARESI, nato a Torino l'08 agosto 1959 è un giornalista e scrittore italiano, autore di gialli e polizieschi, dopo la laurea in Filosofia all'Università di Bologna si occupa di giornalismo come corrispondente di vari quotidiani, in questo periodo lavora nella redazione bolognese di Repubblica".

Il suo primo romanzo "Ultime notizie di una fuga" dove è presente il personaggio de Commissario Soneri, futuro protagonista di altri polizieschi scritti dallo stesso Varese, ai quali verrà ispirata la serie di fiction TV "Nebbie e delitti" dove il Commissario Soneri contiene altri 14 titoli oltre quello citato.

Altri romanzi sono "Il labirinto di ghiaccio" del 2003; "Le imperfezioni" del 2007 edizioni Frassinelli; "Il paese di Saimir"  del 2009 edizioni Ambiente; seguono "Africa", 2011 ed. Graphe e "La sentenza" 2011; "Il rivoluzionario", 2013; "Lo stato di ebbrezza", 2015 e "L'ora buca" del 2020 pubblicati da Frassinelli.

Nell'Ora buca si narra che nell'aula professori di una non meglio identificata scuola superiore, con una regolarità dettata dagli orari di docenza e soprattutto dalle anelate ore buche, due insegnanti di scienze si incontrano, chiacchierano del più e del meno e disquisiscono di massimi sistemi sotto lo sguardo benevolo e forse moderatamente onnisciente dell'epicureo bidello Mario.

I due uomini, avendo formazione scientifica non possono evitare di valutare la loro condizione umana associata a quella di un pianeta che assomiglia molto a un arancino dalla crosta fragile e con un centro molto incandescente che vaga nell'universo infinito. 

Per uno dei due, da questo momento in poi il Professore, è anche diventato difficile, se non impossibile, rispettare i canoni del programma: gli pare umiliante raccontare e vendere per certezza assoluta qualche legge opinabile per sua stessa natura, a quei ragazzi che di certezze ne hanno pochissime.

E' così che per conquistare un posto nel mondo che sia all'altezza delle sue ambizioni, il Professore si imbatte nell'Agenzia.

Dopo una serie di test e di workshop, è assunto per una missione molto particolare: distruggere la reputazione di un uomo politico diffondendo fake news. Nulla più facile, tutto ciò è un trampolino di lancio per il Professore. Purtroppo soddisfare le aspettative dell'angosciante e potentissima Agenzia, non basta e il prezzo del Professore diventa sempre più salato. 

 (Nelle foto: l'autore  Valerio Varesi e la copertina del romanzo) 

venerdì 1 gennaio 2021

MESSAGGIO DI FINE ANNO 2020 DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA AGLI ITALIANI

 

  

Pubblichiamo per intero il messaggio di fine anno 2020 del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella agli Italiani.

«Care concittadine e cari concittadini,

avvicinandosi questo tradizionale appuntamento di fine anno, ho avvertito la difficoltà di trovare le parole adatte per esprimere a ciascuno di voi un pensiero augurale.

Sono giorni, questi, in cui convivono angoscia e speranza.

La pandemia che stiamo affrontando mette a rischio le nostre esistenze, ferisce il nostro modo di vivere.

Vorremmo tornare a essere immersi in realtà e in esperienze che ci sono consuete. Ad avere ospedali non investiti dall’emergenza. Scuole e Università aperte, per i nostri bambini e i nostri giovani. Anziani non più isolati per necessità e precauzione. Fabbriche, teatri, ristoranti, negozi pienamente funzionanti. Trasporti regolari. Normali contatti con i Paesi a noi vicini e con i più lontani, con i quali abbiamo costruito relazioni in tutti questi anni.

Aspiriamo a riappropriarci della nostra vita.

Il virus, sconosciuto e imprevedibile, ci ha colpito prima di ogni altro Paese europeo. L’inizio del tunnel. Con la drammatica contabilità dei contagi, delle morti. Le immagini delle strade e delle piazze deserte. Le tante solitudini. Il pensiero straziante di chi moriva senza avere accanto i propri cari.

L’arrivo dell’estate ha portato con sé l’illusione dello scampato pericolo, un diffuso rilassamento. Con il desiderio, comprensibile, di ricominciare a vivere come prima, di porre tra parentesi questo incubo.

Poi, a settembre, la seconda offensiva del virus. Prima nei Paesi vicini a noi, e poi qui, in Italia. Ancora contagi – siamo oltre due milioni - ancora vittime, ancora dolore che si rinnova. Mentre continua l’impegno generoso di medici e operatori sanitari.

Il mondo è stato colpito duramente. Ovunque.

Anche l’Italia ha pagato un prezzo molto alto.

Rivolgendomi a voi parto proprio da qui: dalla necessità di dare insieme memoria di quello che abbiamo vissuto in questo anno. Senza chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

La pandemia ha scavato solchi profondi nelle nostre vite, nella nostra società. Ha acuito fragilità del passato. Ha aggravato vecchie diseguaglianze e ne ha generate di nuove.

Tutto ciò ha prodotto pesanti conseguenze sociali ed economiche. Abbiamo perso posti di lavoro. Donne e giovani sono stati particolarmente penalizzati. Lo sono le persone con disabilità. Tante imprese temono per il loro futuro. Una larga fascia di lavoratori autonomi e di precari ha visto azzerare o bruscamente calare il proprio reddito. Nella comune difficoltà alcuni settori hanno sofferto più di altri.

La pandemia ha seminato un senso di smarrimento: pone in discussione prospettive di vita. Basti pensare alla previsione di un calo ulteriore delle nascite, spia dell’incertezza che il virus ha insinuato nella nostra comunità.

È questa la realtà, che bisogna riconoscere e affrontare.

Nello stesso tempo sono emersi segnali importanti, che incoraggiano una speranza concreta. Perché non prevalga la paura e perché le preoccupazioni possano trasformarsi nell’energia necessaria per ricostruire, per ripartire.

Nella prima fase, quando ancora erano pochi gli strumenti a disposizione per contrastare il virus, la reazione alla pandemia si è fondata anzitutto sul senso di comunità.

Adesso stiamo mettendo in atto strategie più complesse, a partire dal piano di vaccinazione, iniziato nel medesimo giorno in tutta Europa.

Inoltre, per fronteggiare le gravi conseguenze economiche sono in campo interventi europei innovativi e di straordinaria importanza.

Mai un vaccino è stato realizzato in così poco tempo.

Mai l’Unione Europea si è assunta un compito così rilevante per i propri cittadini.

Per il vaccino si è formata, anche con il contributo dei ricercatori italiani, un’alleanza mondiale della scienza e della ricerca, sorretta da un imponente sostegno politico e finanziario che ne ha moltiplicato la velocità di individuazione.

La scienza ci offre l’arma più forte, prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Ora a tutti e ovunque, senza distinzioni, dovrà essere consentito di vaccinarsi gratuitamente: perché è giusto e perché necessario per la sicurezza comune.

Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere. Tanto più per chi opera a contatto con i malati e le persone più fragili.

Di fronte a una malattia così fortemente contagiosa, che provoca tante morti, è necessario tutelare la propria salute ed è doveroso proteggere quella degli altri, familiari, amici, colleghi.

Io mi vaccinerò appena possibile, dopo le categorie che, essendo a rischio maggiore, debbono avere la precedenza.

Il vaccino e le iniziative dell’Unione Europea sono due vettori decisivi della nostra rinascita.

L’Unione Europea è stata capace di compiere un balzo in avanti. Ha prevalso l’Europa dei valori comuni e dei cittadini. Non era scontato.

Alla crisi finanziaria di un decennio or sono l’Europa rispose senza solidarietà e senza una visione chiara del proprio futuro. Gli interessi egoistici prevalsero. Vecchi canoni politici ed economici mostrarono tutta la loro inadeguatezza.

Ora le scelte dell’Unione Europea poggiano su basi nuove. L’Italia è stata protagonista in questo cambiamento.

Ci accingiamo – sul versante della salute e su quello economico – a un grande compito. Tutto questo richiama e sollecita ancor di più la responsabilità delle istituzioni anzitutto, delle forze economiche, dei corpi sociali, di ciascuno di noi. Serietà, collaborazione, e anche senso del dovere, sono necessari per proteggerci e per ripartire.

Il piano europeo per la ripresa, e la sua declinazione nazionale – che deve essere concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse - possono permetterci di superare fragilità strutturali che hanno impedito all’Italia di crescere come avrebbe potuto.

Cambiamo ciò che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in gioco.

Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo alle giovani generazioni.

Ognuno faccia la propria parte.

La pandemia ci ha fatto riscoprire e comprendere quanto siamo legati agli altri; quanto ciascuno di noi dipenda dagli altri. Come abbiamo veduto, la solidarietà è tornata a mostrarsi base necessaria della convivenza e della società.

Solidarietà internazionale. Solidarietà in Europa. Solidarietà all’interno delle nostre comunità.

Il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo della ripresa. Un anno in cui ciascuno di noi è chiamato anche all’impegno di ricambiare quanto ricevuto con gesti gratuiti, spesso da sconosciuti. Da persone che hanno posto la stessa loro vita in gioco per la nostra, come è accaduto con tanti medici e operatori sanitari.

Ci siamo ritrovati nei gesti concreti di molti. Hanno manifestato una fraternità che si nutre non di parole bensì di umanità, che prescinde dall’origine di ognuno di noi, dalla cultura di ognuno e dalla sua condizione sociale.

È lo spirito autentico della Repubblica.

La fiducia di cui abbiamo bisogno si costruisce così: tenendo connesse le responsabilità delle istituzioni con i sentimenti delle persone.

La pandemia ha accentuato limiti e ritardi del nostro Paese. Ci sono stati certamente anche errori nel fronteggiare una realtà improvvisa e sconosciuta.

Si poteva fare di più e meglio? Probabilmente sì, come sempre. Ma non va ignorato neppure quanto di positivo è stato realizzato e ha consentito la tenuta del Paese grazie all’impegno dispiegato da tante parti. Tra queste le Forze Armate e le Forze dell’Ordine che ringrazio.

Abbiamo avuto la capacità di reagire.

La società ha dovuto rallentare ma non si è fermata.

Non siamo in balìa degli eventi.

Ora dobbiamo preparare il futuro.

Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova.

Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte. E’ questo quel che i cittadini si attendono.

La sfida che è dinanzi a quanti rivestono ruoli dirigenziali nei vari ambiti, e davanti a tutti noi, richiama l’unità morale e civile degli italiani. Non si tratta di annullare le diversità di idee, di ruoli, di interessi ma di realizzare quella convergenza di fondo che ha permesso al nostro Paese di superare momenti storici di grande, talvolta drammatica, difficoltà.

L’Italia ha le carte in regola per riuscire in questa impresa.

Ho ricevuto in questi mesi attestazioni di apprezzamento e di fiducia nei confronti del nostro Paese da parte di tanti Capi di Stato di Paesi amici.

Nel momento in cui, a livello mondiale, si sta riscrivendo l’agenda delle priorità, si modificano le strategie di sviluppo ed emergono nuove leadership, dobbiamo agire da protagonisti nella comunità internazionale.

In questa prospettiva sarà molto importante, nel prossimo anno, il G20, che l’Italia presiede per la prima volta: un’occasione preziosa per affrontare le grandi sfide globali e un’opportunità per rafforzare il prestigio del nostro Paese.

L’anno che si apre propone diverse ricorrenze importanti.

Tappe della nostra storia, anniversari che raccontano il cammino che ci ha condotto ad una unità che non è soltanto di territorio. Ricorderemo il settimo centenario della morte di Dante.

Celebreremo poi il centosessantesimo dell’Unità d’Italia, il centenario della collocazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria.

E ancora i settantacinque anni della Repubblica.

Dal Risorgimento alla Liberazione: le radici della nostra Costituzione. Memoria e consapevolezza della nostra identità nazionale ci aiutano per costruire il futuro.

Esprimo un ringraziamento a Papa Francesco per il suo magistero e per l’affetto che trasmette al popolo italiano, facendosi testimone di speranza e di giustizia. A lui rivolgo l’augurio più sincero per l’anno che inizia.

Complimenti e auguri ai goriziani per la designazione di Gorizia e Nova Gorica, congiuntamente, a capitale europea della cultura per il 2025. Si tratta di un segnale che rende onore a Italia e Slovenia per avere sviluppato relazioni che vanno oltre la convivenza e il rispetto reciproco ed esprimono collaborazione e prospettive di futuro comune. Mi auguro che questo messaggio sia raccolto nelle zone di confine di tante parti del mondo, anche d’ Europa, in cui vi sono scontri spesso aspri e talvolta guerre anziché la ricerca di incontro tra culture e tradizioni diverse.

Vorrei infine dare atto a tutti voi – con un ringraziamento particolarmente intenso - dei sacrifici fatti in questi mesi con senso di responsabilità. E vorrei sottolineare l’importanza di mantenere le precauzioni raccomandate fintanto che la campagna vaccinale non avrà definitivamente sconfitto la pandemia.

 

Care concittadine e cari concittadini,

quello che inizia sarà il mio ultimo anno come Presidente della Repubblica.

Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa della vita economica e sociale del nostro Paese.

La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio mandato.

Sarà un anno di lavoro intenso.

Abbiamo le risorse per farcela.

 

Auguri di buon anno a tutti voi!»

 

 

 

 Roma, 31/12/2020

(Nella foto: Il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella)