Articolando
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In questo n. 18 incontriamo la poetessa e scrittrice GIOVANNA SCIACCHITANO con una sua interessantissima recensione al libro"Totò Agosta", Sigma edizioni, della poetessa e scrittrice Irene Bonanno.
Auguro a tutti voi una proficua lettura!
Recensione
“Faccia
egli quel che vuole e quel che può, sacrifichi anche la propria vita, non
riuscirà mai a nulla : quannu la sorti nun dici, ammàtula t’ammazzi…
e la vita sarà una traversia continua, un martirio perenne…”
Così
scrive Giuseppe Pitrè studioso di tradizioni popolari in “Usi e costumi :
credenze e pregiudizi del popolo siciliano”.
Questo
aspetto della cultura arcaica tradizionale siciliana viene colto ed espresso
magistralmente da Irene Bonanno, scrittrice e poetessa, nel suo “Totò Agosta”,
racconti tragi-comici in versi di una vita veru
disgrazziata, edito da Sigma Edizioni. Si tratta di un poemetto composto da
quindici episodi scritti rigorosamente in versi siciliani, la gran parte
endecasillabi che danno musicalità alla composizione rendendola adatta anche ad
un’esibizione vocale per quadri di immagini pertinenti alle vicende narrate,
così come vuole la tradizione dei cantastorie. Infatti per ogni episodio
raccontato troviamo una vignetta della brava pittrice Susanna Mutari che ne
illustra e ne sintetizza il contenuto.
“Totò
Agosta” non è solo una raccolta di
storie che attraverso il comico e a volte il grottesco suscitano il sorriso nel
lettore, il poemetto della Bonanno è molto di più, è un rintracciare ritmi e
riti di una civiltà contadina che non c’è più, ma che ancora riecheggia nel
rapporto viscerale che la gran parte dei siciliani ha con la propria terra.
L’attenta
ricerca sulle tradizioni popolari di Irene Bonanno fa capo alla
“demopsicologia” , cioè alla studio della psicologia di un popolo. Nello
specifico, a campione, l’autrice narra le avverse vicende di Totò Agosta che
però rappresenta, al contempo, tutti i contadini poveri e sfortunati del mondo
rurale di un tempo che non hanno avuto la possibilità di riscatto nella loro
vita.
Il
poemetto risulta pertanto particolarmente interessante anche dal punto di vista
socio-antropologico perché contempla, come scrive nella prefazione al libro
Pino Giacopelli, , ma tutto questo filtrato dalla personalità di
Totò Agosta, dalla sua sensibilità e dalla sofferenza della sua vita. Nello
scritto della Bonanno, infatti, la mitica saggezza popolare non basta a dare a
Totò una vita serena e soddisfatta.
Lo
sguardo dell’autrice che direi di matrice assolutamente verghiana rende ragione
di un pessimismo sociale volto alla ricerca e alla rappresentazione della
realtà di vita di un certo ceto sociale. In tutto questo Irene Bonanno, pur
mantenendo il punto di vista del narratore “onnisciente”, cioè esterno alla
storia, riesce comunque a far sentire la sua presenza emozionale, perché ricorre
a quello che è “il guardare da vicino”. L’autrice infatti entra dentro la
storia con grande abilità, “come se facesse parte dell’ambiente in cui vivono i
personaggi, cercando di riprodurne la mentalità, con le sue storture, le
superstizioni e i pregiudizi”. Si mette accanto a Totò Agosta, il povero
protagonista perseguitato dalla mala sorte, ne segue le vicende e regala al
lettore (anche se con il sorriso) le sue amare riflessioni su una vita che non
si affrancherà mai dalla povertà e dallo sconforto.
Brava
Irene Bonanno che di questo volumetto ha fatto un prezioso contenitore di
sociologia, antropologia e psicologia. In esso troviamo infatti profonde ed
autentiche dinamiche sociali che coinvolgono il protagonista anche dal punto di
vista psicologico. Totò Agosta non può, dunque, che ritenersi perseguitato
dalla sfortuna perché non può accettare di sentirsi inadeguato in una società
che, per i profondi mutamenti economici e sociali dell’epoca ( gli episodi sono
collocati negli anni 50 del secolo scorso ), dà spazio solo a chi si evolve con
essa e Totò Agosta rimane invece legato, un tutt’uno con la sua anima a “lu
zappuni” avuto in dote alla nascita : Viddanu
nascì e viddanu morsi, scrive la Bonanno.
Un
altro aspetto molto importante dell’opera è l’uso di un codice linguistico che
ci porta ad una Sicilia antica che si identifica nel dialetto della zona di
Castelvetrano, luogo dove è nata e vive l’autrice, con le sue particolarità
“fonetiche, morfologiche, sintattiche e lessicali” e che dà ragione, come ha
scritto il linguista Giovanni Ruffino in “Profili linguistici delle regioni “
della grande variabilità del dialetto nello spazio geografico…variabilità che è
determinata da cause storiche, geografiche, economiche e sociali.
Pertanto
è con questo dialetto che Irene Bonanno accompagna il lettore in deliziosi
flashback su usi e costumi della Sicilia di un tempo, come il cerimoniale del
fidanzamento o quello del matrimonio, da “Totò si marita” :
Avìanu priparatu quattru adduzzi
chi’ nta la casa avìanu nutricatu,
un porcu, du papari e du nuzzi,
pasta cu raù e caciu saliatu,
cipuddi, passuluna e ‘nna ‘nzalata,
nivuri milinciani cotti a quagghia,
pummaroru sicchi e capunata
alivi virdi cunsati cu l’agghia.
Po’ muscardini, taralli e tetù,
calia, simenza e mènnuli atturrati
chi li’mmitati un nni vosiru chiù
tantu li cosi eranu abbunnati…
La
ricchezza del lessico, la forza della parola dialettale e la musicalità dei
versi unite alla grande capacità creativa della Bonanno determinano uno stile
denso e incalzante, ma allo stesso tempo pieno di leggerezza, qualità
fondamentale per uno scrittore, come ricorda Italo Calvino nelle sue “Lezioni
Americane”.
Un
meritato plauso va a Irene Bonanno che ha saputo con la sua opera dare un
notevole contributo alla salvaguardia del dialetto, delle tradizioni popolari e
di tutto il bagaglio culturale in essi contenuto.
Giovanna
Sciacchitano
(Nelle foto: dall'alto il volume Totò Agosta , la poetessa, scrittrice e giornalista Giovanna Sciacchitano e l'autrice Irene Bonanno).
(Nelle foto: dall'alto il volume Totò Agosta , la poetessa, scrittrice e giornalista Giovanna Sciacchitano e l'autrice Irene Bonanno).
Irene Bonanno è brava,non c'è che dire!
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