mercoledì 28 maggio 2025

ARTICOLANDO (50) : RECENSIONE DI DOROTHEA MATRANGA ALLA SILLOGE POETICA "LA TRILOGIA DEL TEMPO" DI ANTONINO CAUSI

 









Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.

Chiunque volesse pubblicare può farlo mandando i propri scritti all'indirizzo di posta elettronica
tonycausi@alice.it grazie!

In questo n. 50 la Prof.ssa Dorotea Matranga (critica letteraria e poetessa) recensisce la silloge poetica "La trilogia del tempo"del poeta  Antonino Causi  edizioni il Convivio 2024. 

Una lieta lettura a tutti voi!


Recensione alla silloge poetica: “LA TRILOGIA DEL TEMPO"

di Antonino Causi

 Edizioni il Convivio 2024

Al lettore che fruisce dell’opera di Antonino Causi, autore del volume che intitola “La trilogia del tempo” vengono, da subito, offerti alla visione due diversi linguaggi dell’arte, il primo impatto visivo è presente nell’immagine della copertina che è sempre l’anticamera dell’opera, la vetrina, sintesi sempre indicativa del messaggio poetico, il secondo impatto sintattico nella scelta dei termini poetici, rigorosamente ricercati nello svelamento dell’Io lirico, dei suoi valori connotativi e porta lentamente e più ampiamente alla conoscenza sia del linguaggio introspettivo cosciente, sia alla scoperta dell’inconscio individuale-soggettivo per una lettura completa di tutta l’intera silloge che nel messaggio particolare di ogni lirica si offre al conviviale ascolto. Ecco che nell’interpretazione puntuale e precisa di ogni singolo aspetto, i sensi, tutti quanti coinvolti illuminano sull’intento dell’autore, alla scoperta della bellezza contenuta nel dispiegamento del respiro poetico nei versi. Linguaggio visivo impera nel dipinto di copertina di Franco Clary e della sua opera pittorica “custodi del tempo”, e linguaggio verbale nell’architettura della parola scritta. Il campo semantico è dove autore e destinatario si incontrano nel campo artistico con l’intento, in senso ascendente, che dalla parola, soffio dell’anima, attraverso la bellezza della creatività si inoltra in un campo metafisico, parte dal cuore e dall’anima del poeta e si fa soffio vitale che accarezza non solo i sensi ma sublima verso la suprema bellezza e il Sommo Bene. Ci stupisce l’abilità e la destrezza dell’autore nel sapere conferire alle sue composizioni poetiche una veste architettonica che concatena tutti i messaggi in genere delle sue opere, che convergono in un unico polo, centro assoluto di un cerchio che mette a fuoco il mondo, lo abbraccia col suo pensiero e lo proietta verso una vera meta, scopo dell’opera al di là del senso immediato verso orizzonti di pace e serenità, non solo qui et nunc, ma anche verso l’altrove di fede e speranza. Il dipinto di Franco Clary, i “custodi del tempo” è un’opera che invita a una riflessione profonda e nel contempo incuriosisce. Alcuni giovani in una notte estiva di luna piena si uniscono per un girotondo, tenendosi la mano, quasi danzando giocosamente intorno a un albero secolare. Che sia una serata estiva lo si evince dagli abiti leggeri, dal campo fiorito e dalla giocosità e gioiosità che trasmette l’immagine. Ma sotto il velo di leggerezza della dolce serata estiva c’è un senso profondo del tempo che l’autore del dipinto vuole trasmettere.

 Un tempo-non tempo circolare, infinito ed eterno. Un tempo che scorre come nel pensiero di Eraclito, “panta rei”, “non si può entrare due volte nello stesso fiume perché l’acqua che ti ha bagnato la prima volta è andata via seguendo la corrente”. Ma è anche un gioco di luci e ombre che danno profondità e movimento, gli stessi capisaldi della poesia dell’autore dove non è presente la staticità. L’albero secolare è la tradizione che rappresenta il passato, ciò che c’è stato trasmesso come valori e come storia. Noi siamo figli del passato. La pace, rappresentata dall’albero d’ulivo, è il legame con la tradizione, vuole essere un monito per le nuove generazioni che devono essere educate ai valori del “mos maiorum” in cui tanto credevano gli antichi romani, valori di onestà, coraggio, le imprese dei grandi di cui si è fatto portatore Foscolo nei “Sepolcri” dove i cipressi, pur nell’assenza del “nulla eterno”, custodiscono le tombe degli uomini celebri perché facciano da esempio nel loro cammino. E anche qui ritroviamo gli elementi già citati, albero, radici, giovani, natura e bellezza. Il tempo circolare, nella perfezione della figura piana del cerchio, è un tempo che dal principio primo torna alla fine del cammino al punto di partenza, nell’alternanza degli ossimori “notte/giorno” e “passato-presente-futuro” senza inizio né fine. Ma come Foscolo poi supera il <nulla eterno> con la poesia eternatrice, perché quando le tombe nei secoli saranno distrutte, sarà la poesia la custode del tempo. Quindi sorge spontaneo il parallelismo tra il dipinto in copertina “I custodi del tempo” di Clary e la poesia che Antonino Causi vuole affidare al tempo per eternare il suo messaggio e farlo echeggiare armonicamente nell’infinito. Dopo la copertina, a seguire, il volume è introdotto da un breve messaggio di Sant’Agostino “il tempo non esiste”, passato, il presente e futuro non esistono, il presente è solo un istante inesistente che separa il passato e il futuro. Il volume di Causi potrebbe a prima vista sembrare di facile interpretazione per il linguaggio sobrio, per i versi lineari dal messaggio immediato, ma è proprio qui il suo segreto. Per il lettore che approfondisce e penetra nell’architettura dell’intera silloge, la tripartizione dei campi semantici, nel messaggio che mostra un itinerario caparbio di intenti, nella sua voglia di imprimere ai termini, alle parole, alla struttura delle composizioni si presenta un compito arduo. Prima di spiegare e dispiegare come il tempo-non tempo scorre veloce pur nella sua inconsistenza ed evanescenza, e ci spinge nelle azioni quotidiane a dare enfasi ai finti valori del consumismo e materialismo, trovare spazio per obiettivi farlocchi, alla ricerca smaniosa di ampollose ridondanze, vuote di sostanza in cerca di elevazione verso mete e vuoti a perdere, dobbiamo evidenziare come l’umanità ha perso di vista il senso del tutto, e certamente è questo il punto che l’amico poeta ambisce a far diventare il fulcro della sua indagine poetica.

 Un lavoro preciso di ricerca della malattia sociale, per la quale l’autore trova la cura autentica nel fermare il tempo, lì dove vale la pena di sostare per gustare ogni momento d’amore, per essere sorpresi, per meravigliarsi ancora, per vivere la vita che vale la pena di essere vissuta. La poesia di Antonino Causi è, senza dubbio, lirica di impianto civile che canta il dolore che trasuda dall’umanità. Egli è la voce della coscienza, la voce tonante che ribalta la visione materialistica, dove il materialismo settecentesco dei lumi della ragione ha spento il sentimento, le emozioni il canto eroico dei padri. Una ragione non illuminante ma cieca alla spiritualità, riparatrice che nelle carezze della solidarietà trova la dimensione umana. L’apertura verso gli altri (come nel dipinto di Clary). Un darsi la mano per salvare il mondo. Ricordiamo che nell’opera del filosofo Hobbes “lo stato di natura” si parla di una società nata per il bisogno dell’uomo di non essere sopraffatto dagli altri uomini, per aiutarsi a vicenda nella sopravvivenza reciproca e trovare la strada per vivere felici. Con il tema della solidarietà l’autore inizia la prima delle tre parti dell’opera con la lirica intitolata: “Cosa rimane di questa vita?” Quella dedicata al passato. L’autore si chiede: “Se non c’è amore tra i popoli cosa rimane?  l’anima ferita accoglierà solo lacrime. Il tema affrontato è la guerra. La grande novità del nostro tempo contemporaneo è l’applicazione dell’intelligenza artificiale in tutti i campi della conoscenza e del sapere. Ebbene, consentitemi di affermare a riguardo che certamente l’uso di tale innovazione ci proietterà verso confini sconosciuti, ma mentre l’intelligenza artificiale sta già implementando la sua attività neuronale con la sistematica acquisizione di milioni di dati, per una gigantesca memoria virtuale, l’intelligenza umana che di essa si serve, andrà sempre più a diventare deserto, fino al suo totale spegnimento. Certamente la scoperta dell’intelligenza artificiale è la più grande nella storia delle rivoluzioni da quella copernicana, alla rivoluzione francese, alla rivoluzione industriale, fino all’odierna rivoluzione digitale del nuovo mondo virtuale, che al momento attinge dati su dati che l’uomo le fornisce. Questo sistema tecnologico a prima vista così utile, che apre infinite possibilità di ricerca, manca però dell’elemento principe che rende l’essere vivente umano: ovvero i sentimenti e le emozioni. Sentimenti, emozioni sono espressioni dell’anima che rendono la vita degna di essere vissuta, conferiscono a ogni aspetto del quotidiano il carezzevole tocco di amore, attenzioni, che a parole è difficile esprimere ma che il nostro poeta sa imprimere nei suoi versi. Ogni lirica, se da un lato affonda con le parole nella malattia sociale di cui soffre l’uomo, ovvero l’indifferenza, nella mancanza di una oggettività e la prevalenza della soggettività nell’egoismo, dall’altro consegna il segreto per uscire da questo mondo materialistico, senza ragionevolezza, dove il bisogno primario è ora diventato il superfluo, per una ridondante voglia di apparenza, che toglie la vera sostanza all’essere umano.

  Con l’avvento dell’età moderna la visione di Dio al centro di interesse e attenzione dell’uomo nella ricerca di una vita oltre la morte, è stata ribaltata dalla visione dell’uomo come fulcro della modernità, che l’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci definisce “l’uomo come misura di tutte le cose”. Ecco che si torna sempre alla questione originaria, dell’uomo che non comprende quanto piccola sia la sua mole rispetto all’universo, quanto grande sia la sua ambizione di sapere tutto, quando noi sappiamo bene che la conoscenza suprema è impossibile da raggiungere, perché i nostri sensi hanno un confine limitato solo alla conoscenza sensibile, e di questa possiamo solo svelarne una minima parte. Platone, Aristotele, e altri antichi filosofi greci ne erano consapevoli, e più recentemente Kant si limitava allo studio del fenomeno e tralasciava di indagare il noumeno, lo stesso accadrà più avanti con Schopenhauer. Tornando alla silloge del nostro autore, cogliendo il punto di vista strutturale dei testi, è palese la mancanza dei segni di interpunzione, di cesure, e questo per un verso, per noi ha un importante significato che si ricollega al senso del tempo, che è tripartito in ordine cronologico, e per un altro verso è circolare e senza limiti o confini. Il passato è la memoria storica, le nostre radici, di cui non possiamo non tenere conto, perché siamo figli del nostro tempo, un tempo che abbiamo determinato noi stessi. Noi ci assegniamo dei compiti, le nostre fatiche quotidiane, e poi di conseguenza la relativa velocità di esecuzione. Un modo solo per cercare di evadere i problemi, arrendendoci all’evidenza, alla consapevolezza che non possiamo fare nulla per cambiare il mondo. Per il poeta il tempo che passa è saggezza acquisita, come ben erano a conoscenza i greci di Atene, che per diventare filosofi, uomini saggi che per potere governare con tale saggezza, dovevano continuare la loro formazione fino alla veneranda età di sessant’anni. Il linguaggio che utilizza l’autore è: Non sprecare il tuo tempo, condividilo con altri / cesella ogni tuo ricordo / intaglia, modella come pietra preziosa dentro di te /. Come per la lirica sul Natale usando l’imperativo categorico “si deve fare festa” / con ipocrisia / col consumismo imperante / è solo una maschera / uomo ti nascondi / invece fatti sostanza del tuo spirito / Natale è stare con gli ultimi / il regalo più bello sotto l’albero, una grande luce per accendere le menti buie. E ancora: L’amore è libero / Saman ha trovato i muri dell’ignoranza e dell’indifferenza umana /. Per il nostro poeta, il ricordo del padre ha segnato la sua crescita nel seguire le sue orme, una grave perdita avvenuta anzitempo, e nella fragilità della malattia è caduta la sua corazza e ha svelato la presenza autentica di un uomo da imitare, “dolce fiamma che scalderà il suo cuore”. Sempre ricordi nella lirica “nostalgia” e nella poesia “ricordi di un tempo” i ricordi sono come fiori che mantengono la freschezza” / ricordi che scavano dentro / e l’uomo sarà il contadino che curerà il suo giardino.

 Termini come tenerezza, malinconia, ricordi come respiro dell’anima, rugiada di memoria, ristoro indelebile, speranza di rivivere ogni istante. Speranza di fermare i bei momenti che presto diventeranno ricordi e come dice il poeta nella lirica “ieri” / i ricordi sono già un canto /. Ricordi tristi di uomini imbarbariti nei campi della morte. “Ogni uomo ha diritto alla sua dignità, libertà”. Ora, nella mancanza della punteggiatura, il poeta utilizza consonanti capo verso dal carattere maiuscolo per enfatizzare il suo messaggio sociale-civile lasciando aperto, senza mai chiudere con un recinto le sue emozioni, i suoi moniti, i suoi imperativi, i consigli, con un climax ascendente che trova l’approdo in un’isola felice dove prevale la fede e la speranza. Frequenti sono gli enjambement e i richiami alla natura che si personifica, “ti sentirai la farfalla /anche se sarà lacera la tua anima potrai posarti su una nuova pianta e sentire l’abbraccio del sole / (anche qui è presente la personificazione). L’alternanza nelle liriche della carezzevole voce dell’amore, porto sicuro dove rifugiarsi come “antidoto al dolore”. E dentro l’anima abita quel fanciullino di cui parlava Pascoli. “Una gioia fanciullesca solca minuti incontenibili di pura felicità”. “Onde fresche / nella lirica “La forza del cuore” si inseguono fino ad abbracciarsi” Ancora trasformazione panica nell’intreccio uomo-natura, e ricorda “La pioggia del pineto” di Gabriele D’Annunzio. L’autore nella poesia “ragazzi di periferia” affronta il tema delle giovani generazioni dimenticate dalle istituzioni, la criminalità, “ma non hanno colpa sono nati in famiglie senza valori”. In “vita e morte” l’autore ci consegna la ciclicità del binomio ossimorico dove il filo conduttore può essere ricondotto al filosofo greco Empedocle, al suo pensiero delle forze contrapposte che disgregandosi poi si aggregano. “La vita è una serie di ostacoli da superare” / non c’è una vera morte / dalla morte nasce un nuovo inizio”. Nella lirica “vanesio” il poeta consiglia: “vivi in un mondo di plastica / ostenti bellezza e presunzione / e non ti accorgi che sei solo in orizzonti chiusi” /. Ed ecco che in chiusura della seconda sezione compare puntuale il monito di “ribaltare il mondo materiale / solo così ci sarà la vera crescita spirituale / e saremo protetti al riparo dalle insidie quotidiane / senza paura e mai mollare”. Si arriva così alla sezione dedicata al futuro. Nella lirica “inchiostro di speranza”. La poesia diventa catarsi e “porta luce di speranza nel futuro”. Lo scrittore ha un’arma per combattere le piccole e grandi battaglie del giorno e del mondo: “io combatterò con la mia penna / sarò solo una goccia / ma tu in questa goccia d’inchiostro di speranza annegherai /. Il poeta attua ora un completo reset mettendo ordine nella sua vita per “costruire nuovi significati / niente conta quanto vivere di sentimenti ed emozioni / di amore / nel dare la mano agli altri” /.

 La silloge dopo l’assetto tripartito delle sezioni sull’argomento tempo, è corredata da un’ultima parte dedicata a brevi poesie sul genere poetico Haiku che contengono, pur nella loro brevità ed essenzialità, temi che hanno analogia con gli altri trattati precedentemente, anche l’ultima sezione si chiude con la certezza che vincerà la verità. Chiudiamo così la nostra disamina sul testo, un girotondo iniziale e uno finale, fatto di radici che affondano nella tradizione secolare, dove le generazioni sono i custodi di un tempo-non tempo, per l’annullamento della guerra, la ricerca della pace, per l’obiettivo di un mondo d’amore universale fondato sui sentimenti e le emozioni di una umanità che non è ancora del tutto perduta, il ritorno al romanticismo senza la presenza dell’eroe che combatte e sacrifica se stesso per il sentimento nazionale. Ora l’eroe-uomo dovrà combattere per la patria del proprio Io, per rimanere uomo in un mondo in divenire che vorrebbe annullare la sua umanità, la dignità di un’anima spirituale per poi risanare il mondo malato e alimentato di apparenze per svelarne la vera sostanza nell’essenzialità e nel risanamento, farsi portatore di un’anima spirituale che sente e prova emozione e sentimenti, condizione basilare per trovare l’altro, il fratello e darsi la mano per l’obiettivo ultimo e concreto della pace universale nella ritrovata sacralità.

                                                            

Dorothea Matranga

                 

 

mercoledì 14 maggio 2025

PREMIO DI POESIA ELIMO 2025 BANDO E SCHEDA DI PARTECIPAZIONE

 












Il Comune di Poggioreale (TP) organizza l'edizione 2025 del  prestigioso Premio Nazionale di poesia Elimo 2025.

Si tratta di un Premio che ha lo scopo di rispondere all’esigenza, sentita molto viva all’interno della collettività, di rivitalizzare la cultura dello scrivere e del comporre esercitando un’azione dal “basso” volta a coinvolgere il maggior numero di cittadini.

 La partecipazione al concorso è libera e  si articola in due sezioni: 

 Poesie in lingua Italiana – Sez. A – Poesia in Italiano  Poesie in lingua Siciliana – Sez. B – Poesia in Dialetto Siciliano

Qui sopra il bando e la scheda di partecipazione al Premio Nazionale di poesia Elimo 2025.

Scadenza  4 luglio 2025, cerimonia di premiazione nel mese di agosto 2025 a Poggioreale (TP) in Piazza Elimo.

Invito tutti a partecipare .

(Nelle foto: il logo del Premio Elimo , il  bando e la scheda di partecipazione, cliccare sulle foto per ingrandire).