Articolando
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In questo n. 34 ritroviamo la critica letteraria MARIA ELENA MIGNOSI PICONE con una sua recensione alla silloge poetica "SCORCI DI VITA", Le Mezzelane editore 2019, della poetessa ROSA MARIA CHIARELLO.
Una lieta lettura a tutti voi!
“Scorci di vita” è il titolo della silloge di poesie di
Rosa Maria Chiarello, la sua seconda silloge dopo “Cristalli di luce”, e prima
di un’altra, “L’attesa”, che è in preparazione.
Ormai la vena poetica di Rosa Maria Chiarello ha preso il
largo. Anche per i prestigiosi
riconoscimenti e premi ricevuti.
Per questa silloge ha ricevuto il Primo Premio Internazionale
nel Concorso “La pelle non dimentica”
indetto da Mezzelane Casa Editrice, con tema assegnato, la violenza sulle
donne, e poi ha ricevuto pure il Premio “Universo Donna” dall’Accademia di
Sicilia.
Così’ è nato questo libro.
Ovviamente un congruo numero di poesie riguarda il suddetto
tema, ma il libro non contiene soltanto componimenti su questo argomento.
L’autrice parla anche di sè, della sua esistenza: della sua infanzia,
trascorsa serenamente; dei suoi amati genitori; parla dell’amore, dei suoi
figli. E’ una madre di famiglia, e anche una professionista. Lavora alla
Regione nella Pubblica Amministrazione, all’Assessorato per il Turismo.
Questo miscuglio di poesie a carattere personale e di poesie
sulla violenza delle donne, potrebbe, a prima vista, far apparire l’opera piuttosto
dispersiva e frammentaria, senza un filo conduttore, senza unità. Invece,
inoltrandoci più a fondo, si riesce a scorgere un comune denominatore tra
tutte le poesie. Lo vedremo a poco a poco.
Cominciamo innanzi tutto da quello che è il tema proposto:
la violenza sulle donne.
Rosa Maria Chiarello si compenetra a fondo nella loro
situazione e ne esamina i vari aspetti: l’incomprensione, l’insofferenza,
l’amore che si trasforma in odio, la solitudine pur nella presenza dell’altro.
E così prende in considerazione giorni vissuti nel terrore, ricorrendo ad ogni
espediente pur di sfuggire a lui. E scrive: Ricordi i giorni bui dell’orrore,
quando accartocciata su te stessa / ti nascondevi nell’angolo buio della casa /
nella speranza che non ti scorgesse.”
Ancora, la solitudine che si può avvertire anche con la
presenza di lui: “Quanti giorni di silenzi, / stare insieme e non esserci…la
solitudine di giorni sempre uguali, la casa vuota di noi. E’ come morire ogni
giorno lentamente.”
E poi il silenzio. La parola che esce senza voce o anche il
silenzio imposto per non turbare. “Silenzio quando il cuore / grida il suo dolore, quando il sole divampa
negli occhi / un cielo grigio di fiele. / Zitta, zitta devi stare, per non
inquietare, per non turbare.”
E ancora l’estraneità. “Estranei convivono giorni alienati.
/ Non ti conosco /…/ Oggi solo nebbia invade il mio cuore / e la certezza di
non essere amata.”
Una tristezza profonda suscita l’autrice nel ritrarre queste
terribili situazioni angoscianti. Le dipinge in maniera molto efficace ed incisiva,
con forte realismo, specialmente soffermandosi sull’animo di queste donne
sventurate. Donne che vivono come
strette in una morsa, come fossero in una prigione. “Prigioniera di me / non
riesco a liberarmi / dalle catene che mi legano / e mi imprigionano, sprangata
nel mio essere da colonne di ferro insormontabili.”
E nel dubbio qualcuna si chiede: “Riuscirò un giorno a
liberarmi?”
Ecco Rosa Maria Chiarello ha ritratto queste donne rispondendo
appieno al tema proposto dal Bando del Concorso.
Però non si ferma qui.
Finora ha rivolto la sua attenzione alle situazioni dove il
buio domina sovrano, buio fitto, di disperazione.
Però fa dire ad una di queste infelici: “Ubriaca di dolore
/ cerco di alzarmi oltre le stelle.”
E osserva la poetessa: “…al pensiero non si da’ limite / e
allora voli oltre le nuvole / nel sogno di una vita d’amore.”
Ecco che allora “Nell’inferno si erge / una nuvola bianca
verso il cielo.”
Più forte che mai si fa in queste donne l’anelito a uscire
fuori dal buio per andare verso la luce.
Buio e luce sono infatti gli elementi attorno a cui ruota
tutta l’opera.
E si avverte in questa lotta tra il buio e la luce, il
palpito spasmodico dell’animo di queste donne.
E’ un’opera dove i versi vibrano, si sente come il moto
palpitante dello spirito che, sommerso nel buio, anela alla luce.
A questo punto ci chiediamo cosa abbia in comune con loro la
nostra Rosa Maria, che, grazie al cielo, non si è trovata mai in queste
situazioni.
Una cosa ce l’ha in comune. Ed è l’anelito alla luce.
Però siamo in tutt’altra sfera, la sfera della vita
interiore.
Luce che però non è già posseduta da Rosa Maria ma della
quale va in cerca. Infatti parliamo di anelito alla luce.
Questo le da’ allora, nell’animo, una incessante
inquietudine.
Ma è una inquietudine sana.
Per comprenderla meglio, basti pensare alle parole di Sant’Agostino:
“Ci hai fatto per te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finche’ non riposa
in te.”
Siamo sul piano della vita spirituale. Ed è per questo che
la poetessa avverte fortemente il buio. Il buio delle cadute: “Tante volte sono
caduta, / tante volte mi sono rialzata. /…/ Pietre ho tolto al mio passaggio /
per ritrovare la via.” Anche il buio del dolore che la esistenza non risparmia
a nessuno. Basti pensare alla morte dei genitori. Con nostalgia e rimpianto rievoca
il tempo vissuto con il padre e con la madre a partire dall’infanzia
spensierata. Un bel quadretto familiare è la prima poesia “Scorci di vita” che
da’ il titolo alla silloge. Così scrive: “Antichi sapori di un tempo andato / quando
di poco l’amore viveva.” E coglie l’occasione per riflettere sulla differenza
che c’è con il tempo che è venuto dopo: “Oggi il tempo è volato / l’uscio si
è chiuso / e l’amore si è dileguato.” Prima infatti si viveva di poco ma
c’era tanto amore, oggi c’è benessere ma freddezza e indifferenza.
Accenni alla sua esistenza ci sono pure nelle poesie
dedicate al marito, ai figli. Poesie sull’amore. “Non c’è nulla sotto il mio
cielo / solo tu hai toccato l’anima. / Tu sei la mia luce / e il senso del mio
vivere.” Al figlio si rivolge così’: “Ci saranno salite e ci saranno discese, /
ma non sarai da solo / io sarò’ con te tutte le volte che vorrai. / Ti amerò
oltre la vita / perché tu sei parte di me ed io di te.”
Ora, è proprio attraverso l’amore che Rosa Maria Chiarello dal
buio scorge la luce: “Se penso ad un uomo vedo i tuoi occhi, / il tuo sorriso
che illumina il mio cielo. ”E ancora: “Incontrai il tuo cuore. Luce fu…/…ad
illuminare l’amore che portavamo nel cuore.”
Oltre l’amore c’è un altro elemento che ha la potenza in
Rosa Maria di farla uscire dal buio per scorgere la luce. E’ la natura.
La natura con la sua bellezza ha l’effetto sul suo animo di
farla uscire dal buio per condurla nelle regioni della luce. “I faraglioni si
specchiano / sul blu cobalto / dove il cielo e il mare / mostrano l’incanto.
/…/ Mi estasio e resto abbagliata / davanti al manifesto del creato.”
La luce, inoltre, che non ha limiti, le suscita il senso
dell’infinito. “ Dolce è l’attesa dell’immenso / laddove la preghiera diventa
canto / nella visione dell’infinito.”
Abbiamo visto così come la nostra Rosa Maria, al pari delle
donne, di cui abbiamo trattato prima, ma
su un piano totalmente diverso, hanno qualcosa in comune: un animo tormentato.
Ella stessa confida: “…ho cercato di innalzarmi / oltre le fitte nuvole infuocate
/ del mio tormento.” E supplica: “Invoco la pace.” E riflette: “La notte
diventa luce / se tu sorreggi il mio Essere / se il tempo accarezza la vita /
nel tormento delle ore.”
E qui un gran passo in avanti. Siamo in direzione del
Trascendente. “Cullandomi tra la luce e le tenebre anelo al mio Dio.”
E’ questa la sua inquietudine.
Ecco in conclusione come le due parti del libro, quella
riguardante le donne che subiscono violenza, e quella in cui l’autrice fa
riferimento alla sua vita, ecco come non appaiono più slegate tra loro, e,
trovato il filo che le lega, possiamo affermare che l’opera ha una perfetta
unità. Di ispirazione. Di sviluppo. Di messaggio.
Il messaggio è quello di uscire dal buio per raggiungere la
luce.
Ci potremmo ancora chiedere, dato che sono riflesse
nell’opera due specie di situazioni che sono un po’ al limite della esistenza,
perché non è di tutte, grazie al cielo, subire violenza, come non è di tutte, o di tutti, avere
una vita spirituale così complessa, tormentata e inquieta, ci potremmo
chiedere, dicevamo, se una persona comune, che conduce una vita molto comune, ci
si può ritrovare qui, in questo libro.
La risposta è sì. Ci si può ritrovare.
Perché? Perché la vita, anche la più ordinaria, è sempre
fatta di buio e di luce. Sarà’ un buio non nero, magari grigio, fatto di
ostacoli, difficoltà, imprevisti che sconvolgono tutti i piani; saranno dimenticanze,
distrazioni, esperienze, errori."Errare humanum est” dicevano i Latini.
E tutto questo ci inquieta, ci turba.
E allora aspiriamo alla serenità.
E la serenità è la luce.
La serenità forse non la teniamo nella debita
considerazione perché pensiamo a qualcosa di più, alla felicità, aspiriamo all’euforia,
all’ebbrezza. E non ci accorgiamo del valore della serenità. Essa invero è
molto. E’ già tanto. E’ per tutti la luce nel buio della esistenza.
Maria Elena Mignosi Picone
(Nelle foto dall'alto: la critica letteraria Maria Elena Mignosi Picone, la copertina della silloge poetica e l'autrice Rosa Maria Chiarello).
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