domenica 14 marzo 2021

ARTICOLANDO ( 39 ) : Recensione del poeta e traduttore Marco Scalabrino al volume di Umberto Zanetti IL TESORO DEI PROVERBI LATINI

 
 
 
 
 


 


 

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In questo n. 39  incontriamo il poeta e traduttore Marco Scalabrino con una recensione al volume: “Il tesoro dei proverbi latini” del poeta Umberto Zanetti.
Buona lettura a voi!

 

Umberto Zanetti

IL TESORO DEI PROVERBI LATINI

di Marco Scalabrino

 

“La presente raccolta – asserisce Umberto Zanetti nella nota introduttiva a questo suo lavoro – trascende il valore della cultura latina, che è notevolissimo e sterminato, ricordandoci quale incomparabile tesoro racchiuda l’aforistica, un’autentica scienza che è di tutte le grandi culture, di tutte le civiltà, di tutti i popoli. Le massime possiedono sempre l’autorevolezza di un ammaestramento, essendo fondate sull’osservazione, sull’esperienza e sulla riflessione. Abbeveriamoci dunque al calice della saggezza antica, che è maestra di vita, apprezziamone gli insegnamenti e non disperdiamone il tesoro.”        

“I proverbi (come tutte le “scritture brevi”) – appunta Vincenzo Guarracino nella sua postfazione dal titolo La sapienza del frammento – dicono da sé già tutto e sembrano avere una pienezza di senso. La ricchissima raccolta di Umberto Zanetti – prosegue – professa la sua devozione nei confronti della cultura latina … consente una visione di quanta sapienza [è contenuta] in quelle scintille di autentico sapere universale.”    

Con tali autorevoli premesse, assodato che, magari senza che noi se ne abbia coscienza e malgrado siano trascorsi due millenni, molte di quelle massime, molte più invero di quanto non si creda, fanno parte integrante della nostra quotidianità e ci danno (o ci potrebbero dare, se concretamente noi le mettessimo in pratica) una mano per districarci meglio nella vita di oggi, proveremo ad estrarre dalle oltre duecento pagine del libro di Umberto Zanetti (poeta, prosatore, saggista, accademico) una emblematica manciata, una selezione essenziale di poco meno di una trentina di motti (fra gli oltre i seicento proposti), corredati dalle delucidazioni poste a commento nel volume medesimo. Esempi scelti per la loro specifica attinenza a tre parametri: l’attualità, la poesia, le ricadute sul dialetto siciliano. Fra essi, constateremo, una specialissima ribalta, una preminentissima fetta se la ritaglierà Quinto Orazio Flacco.  

1. Adducere inconvenientes non est solvere argomentum. / Continuare a parlare delle difficoltà non risolve il problema; 2. Ad sal, ad mel, ad piper semper cucurbita est. / Con il sale, con il miele, con il pepe una zucca sempre tale rimane. E, nel siciliano, Conzala comu voi, sempri cucuzza è!; 3. Ambitiosa recidet ornamenta. Un buon poeta – scrive Orazio nella sua Ars Poetica – toglierà dalle sue composizioni gli ornamenti dettati dall’ambizione; 4. Amicitia inter pocula contracta, plerumque est vitrea. / L’amicizia nata a tavola mentre si beve è più fragile del vetro dei bicchieri; 5. Audacter calumniare, semper aliquid haeret. / Calunniate, calunniate! Qualcosa resterà. Nel siciliano vi è simile nel significato: Lu carvuni si nun tinci mascarìa; 6. Aut insanit homo aut facit versus. Questa sentenza di Orazio suona a difesa dei poeti, che scriverebbero versi per non impazzire; 7. Barba non facit philosophum. / L’abito non fa il monaco; 8. Carmina non dant panem. Le poesie, sostiene Orazio, non danno pane; 9. Carpe diem. In questa celebre esortazione rivolta all’amica Leucònoe, Orazio riassume in due sole parole una filosofia di vita che induce a non preoccuparsi troppo del domani e a gustare i piccoli piaceri quotidiani che la vita riserva; 10. Cotidie est deterior posterior dies. Il giorno che verrà – ammonisce Publilio Siro nelle Sentenze – è sempre peggiore di quello che sta passando. Nel siciliano vi è simile nel significato: Megghiu lu tintu canusciutu chi lu bonu a canusciri; 11. De gustibus non est disputandum. / Dei gusti non si deve discutere. Plutarco riporta che Giulio Cesare, mentre era governatore della Cisalpina dal 59 al 55 a.C., una sera andò assieme ai più stretti collaboratori ospite nella domus milanese del ricco e influente Valerio Leone. Tra le portate venne servita una preparazione di asparagi conditi con il burro. Ai generali la pietanza non piacque affatto (abituati all’olio d’oliva e non al burro, usato a Roma come unguento), così la indicarono come cibo “barbaro” non adatto al loro palato. Di fronte all’imbarazzante situazione Cesare, da uomo intelligente ed avveduto, placò gli animi con la frase: De gustibus non disputandum est; 12. Dimidium factum qui coepit habet. / Chi ben comincia è a metà dell’opera, asserisce Orazio nelle Epistole; 13. Est modus in rebus. Tutte le cose sottostanno a una regola, afferma Orazio nell’Ars Poetica; 14. Etiam oculi satiari debentur. / Anche gli occhi debbono essere saziati. Puru l’occhiu voli la so parti, nel siciliano; 15. Excusatio non petita accusatio manifesta. / Chiedere scusa quando non espressamente richiesto può equivalere a un’autoaccusa o a una ammissione di colpa; 16. Genus irritabile vatum, è l’espressione usata da Orazio nelle Epistole per indicare la suscettibile schiatta dei poeti; 17. Gutta cavat lapidem non vi sed saepe cadendo. /

La goccia scava la pietra non con la forza ma cadendo spesso. In siciliano vi è simile nel significato Dammi tempu chi ti perciu, come dire: la perseveranza permette di ottenere tutto ciò che si desidera; 18. Ignorantia legis non excusat. /

L’ignoranza della legge non può essere addotta a scusante; 19. In medio stat virtus. / Il valore sta nel mezzo. In questo aforisma, Orazio invita a ricorrere al buon senso evitando di assumere posizioni estreme; 20. Nescit vox missa reverti. / Voce dal sen fuggita più richiamare non vale, ammonisce Orazio nell’Ars Poetica, volendo nella fattispecie consigliare di mondare un’opera letteraria da ogni imperfezione prima di diffonderla; 21. Non omnis moriar. / Non morirò del tutto, scrisse Orazio nelle Odi, confidando nell’immortale valore della propria poesia; 22. Omnia licet poetis. / Tutto è permesso ai poeti. Il detto si fonda sulla enorme considerazione che dei poeti, alunni di Apollo e delle Muse, si aveva nella antica Grecia; 23. Pecunia non olet. / Il denaro non puzza. Secondo alcuni il motto fu pronunziato dall’imperatore Vespasiano, il quale avvicinato al naso di Tito, il figlio, un sesterzio del denaro raccolto con la tassa sugli orinatoi esclamò: Non olet!; 24. Pictoribus atque poetis quidlibet audendi semper fuit aequa potestas. / Sempre fu riconosciuta ai poeti e ai pittori il potere di osare qualunque cosa, sentenzia Orazio nell’Ars Poetica; 25. Qualem nequo monstrare, et sentio tantum. / Non posso mostrare quale sia e lo sento soltanto. Così Giovenale definì la Poesia, intesa come fenomeno indefinibile; 26. Quandoque bonus dormitat Homerus. / Talvolta il buon Omero dormicchia. Così Orazio nell’Ars Poetica giustifica qualche lieve difetto nelle opere dei grandi. Sarebbe troppo pretendere la perfezione; 27. Quod tibi fieri non vis, alteri ne feceris. / Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te; 28. Tot capita quot sententiae. / Tanti sono i pareri quante sono le teste. Nel siciliano, Ogni testa è un tribunali.

E ancora, pari pari adottati e che non abbisognano di alcun commento: Ad interim, ad libitum, ad maiora, ad personam, alter ego, a posteriori, a priori, aut aut, bis, cum grano salis, de cuius, deficit, do ut des, errata corrige, ex aequo, forma mentis, honoris causa, in camera caritatis, in itinere, inter nos, labor limae, lupus in fabula, modus vivendi, non plus ultra, obtorto collo, pro forma, pro tempore, sic stantibus rebus, sine qua non, tertium non datur, transeat, una tantum.

In conclusione una considerazione: Parrari latinu, nel siciliano, non è d’altronde sinonimo di parlare chiaro, parlare con franchezza?! 

(Nelle foto: dall’alto il poeta e traduttore Marco Scalabrino , il volume e l’autore Umberto Zanetti).

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