Articolando
Articolando, e' una nuova rubrica, nasce per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali. Chiunque volesse pubblicare può farlo mandando i propri scritti all'indirizzo di posta elettronica tonycausi@alice.it grazie!
In questo n.5 troviamo lo scrittore e poeta GINO PANTALEONE con l'elaborato : Joseph Smith e la scrittura cuineiforme. Buona lettura a tutti voi !
Palermo 7 Marzo 2017
La scoperta della cultura mesopotamica è
relativamente recente. Pensiamo che nel 1968 è stato pubblicato a Parigi il
testo fondamentale della cultura mesopotamica curato da Kramer e Bottero,
quest’ultimo direttore del centro di studi specialistici antichi di Parigi,
scuola di alta cultura, intitolato “Uomini
e dei della Mesopotamia”, che raccoglieva tutti i testi apparsi nel corso
del 1900 e che erano usciti dalle nebbie e dalle sabbie del deserto. Alla fine
del 1800 fu scoperta la biblioteca di Ninive, semplicemente una sorta di grande
antro sotto le dune con migliaia e migliaia di tavolette ammucchiate senza
nessun ordine.
Joseph Smith un semplice
impiegato del British Museum con la qualifica di bibliotecario, fu incuriosito
da una moltitudine di tavolette accatastate nei magazzini del museo. Cominciò per
curiosità, poi per passione, così a cercare di capire quale fosse il segreto di
questa scrittura. Leggi oggi, leggi domani, riuscì a comprendere alcuni segni,
alcuni simboli, e piano piano cominciò ad interpretare i caratteri ed il senso
del contenuto delle tavolette. Si ritrovò, in pratica, ad avere un intero
“retromuseo” pieno di tavolette che pervenivano continuamente dall’Iraq e a
poco a poco cominciò a leggerle e a decifrarle. E’ chiaro che inizialmente fu
molto perplesso; ogni tanto pero c’erano
elementi che lo riallacciavano ad un’altra tavoletta e da ciò capì che
da una tavoletta all’altra c’erano dei rimandi. Così cominciò a dare un ordine
mettendole una sull’altra. Con un lavoro che durò circa vent’anni, Smith
ottenne una serie organizzata di tavolette che raccontavano delle storie che a
poco a poco cominciò a ricostruire. Dobbiamo a Joseph Smith se noi possiamo
leggere una delle più stupefacenti creazioni dello spirito umano. L’Epopea di Gilgamesh fu sostanzialmente trascritta
da questo oscuro bibliotecario perché riuscì a decifrare tutto il racconto da
milioni di tavolette. Grande lavoro di riordino; arrivò alla formazione e
determinazione di una notevole quantità di miti mesopotamici. Dopo la sua
prematura morte avvenuta a soli 36 anni, si cominciarono a pubblicare i primi
risultati di questa prima ricerca. Intorno al 1915-20 si era già in grado di
comprendere lo sviluppo della civiltà mesopotamica.
Quando si pubblicarono i primi risultati emersero
temi così sorprendentemente familiari che indussero la società del tempo a
riconsiderare l’autorevolezza della Bibbia quale fonte di verità storica.
In Germania nacque una controversia quando, il 13
gennaio 1902, il massimo studioso di assiriologia del tempo, Friedrich
Delitzsch, lesse una relazione intitolata Babel
und Bibel a un convegno della Società
Orientale Tedesca, al quale era presente anche il Kaiser Guglielmo II.
Questa lettura fu un evento storico. Le nuove ed esatte traduzioni di Delitzsch
dimostravano che la Bibbia non fu, come si era fino ad allora creduto, il più
antico libro del mondo, ma che era stata preceduta dalla letteratura di
un’epoca anteriore. Esistevano grandi similitudini tra i due mondi antichi, ma
l’Antico Testamento non poteva essere più considerato l’unica e assoluta
rivelazione. Dunque l’opera di Delitzsch metteva in dubbio la fondamentale
autorità della Bibbia. Lo shock prodotto da questa prima conferenza fu tale che
un anno dopo il professore ne tenne un’altra, nella quale domandò ai teologi di
assumere un atteggiamento più conciliante nei confronti delle sue affermazioni
che essi consideravano un attacco ai testi biblici più amati e di stabilire
delle regole per lo studio dell’assiriologia, nel quale non era necessario “ne accettare qualsiasi cosa ne trattare la
Bibbia come immondizia”.* Delitzsch, ovviamente perse la cattedra di
assiriologia all’Università di Berlino. The
Times, il giornale di Londra, pubblicò un lungo articolo in difesa di Delitzsch
che affermò che il professore era stato vittima di un attacco del potere
imperiale sufficientemente forte da fargli perdere la cattedra dell’Università
di Berlino, perché, come semplice storico e assiriologo aveva osato entrare nel
mondo delle conclusioni e delle ipotesi teologiche e religiose. Per tutto il
XIX secolo la maggiore preoccupazione dei lettori era stata la legittimazione
del libro sacro.
Che cosa raccontavano queste storie interpretate da
Smith? Cose sbalorditive, cose stupefacenti. Parlavano della Genesi, l’Enuma Elis o Epopea della
Creazione, dove c’erano incredibili parallelismi con la Genesi biblica. Parlavano, ad esempio,
del Diluvio Universale. Il poema del Mito
di Athrasis raccontava di un diluvio in termini esattamente identici a quelli
del Vecchio Testamento, solo che al posto di Noè c’era quest’altro personaggio
(Athrasis); Noè, per vedere se il diluvio era terminato, mandò fuori una
colomba, Athrasis mandò un corvo, entrambi gli uccelli tornarono con un
ramoscello di ulivo in becco, e l’unica differenza vera che si ha tra il
racconto del Vecchio Testamento e la storia del Mito di Athrasis è che quest’ultimo fu scritto almeno 700 anni
prima.
In ultimo, vorrei ricordare che nelle storie
mesopotamiche c’è già scritto una storia simile al Cantico dei Cantici. C’è
anche la storia di un vecchio paragonabile al Giobbe biblico con la stessa
identica motivazione del giusto che
soffre abbandonato dal dio. Altre coincidenze riguardano la provenienza
dello stesso fondatore della tradizione ebraica: Abramo, nacque e visse a Ur,
nota e mitica città mesopotamica.
Con
ciò non ho voluto fare alcun panegirico o proselitismo intorno ad un Vecchio
Testamento che ha le sue fonti e i suoi racconti indiscutibilmente veri. Ho
voluto soltanto mettere in evidenza una realtà documentata che è stata oggetto (e
continua ad esserlo) di discussioni tra archeologi, teologi, scienziati e
storici sulla provenienza dei contenuti della collezione di libri ammessa nel canone delle diverse confessioni cristiane che forma la prima delle due parti della Bibbia.
Gino Pantaleone
H. McCall, Miti mesopotamici, Oscar Mondadori,
pagg. 23-24
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