sabato 27 febbraio 2021

ARTICOLANDO ( 38 ) : DI POETI E POESIA di ANNA MARIA BONFIGLIO

 
 

Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
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In questo n. 38 incontriamo la poetessa e scrittrice Anna Maria Bonfiglio con un interessante articolo dal titolo: “Di poeti e poesia”.
Lieta  lettura a tutti voi!

 

 

 

 

                                            DI POETI E POESIA

                                          di Anna Maria Bonfiglio

 

Poesia è una parola che sentiamo e pronunciamo spesso, magari inserita in locuzioni di uso comune, direi quasi quotidiano: la poesia della vita, la poesia dell’amore, un’immagine intrisa di poesia, un film pieno di poesia. Chi può dire di non avere detto o ascoltato frasi simili? E in questa accezione niente è più facile da comprendere di ciò che voglia dire il termine poesia. Ma se ci inoltriamo in un territorio più specifico e vogliamo dare una connotazione scientifica alla poesia, il discorso diventa più complicato perché entriamo nel campo di quella comunicazione linguistica che per esprimersi si serve di una lingua elaborata per immissione di elementi mutuati dalla lingua primaria e combinati fra loro in modo tale da dare vita a un linguaggio particolare, suggestivo, evocativo e musicale, appunto il linguaggio poetico. Dobbiamo allora presupporre che per scrivere poesia non basta l’ispirazione, vale a dire quel momento in cui siamo colti da un forte impulso emotivo suggeritoci da una tensione sociale o dall’osservazione attenta della natura o, ancora, da sentimenti d’amore, ma occorre che a queste pulsioni esterne si aggiungano dei veri e propri strumenti tecnici che possiamo ritrovare nell’antica ars rhetorica. Questo non vuol dire che per scrivere un testo poetico dobbiamo compulsare di continuo un manuale di retorica, ma prendere in considerazione la possibilità di appropriarci in qualche modo e in qualche misura di alcune regole basilari che fanno di alcuni bei pensieri e di tanti buoni sentimenti una vera poesia; regole che nel tempo sono state anche rivoluzionate, che si sono frammiste a modelli innovativi e che hanno generato forme poetiche nuove ancorché obbedienti ai principali canoni formali.

 “Il poeta scrive perché se non lo facesse soffocherebbe”, scrisse Paul Valery. Perché è dal silenzio che ciascuno custodisce in sé che nasce il desiderio di comunicare, di dare respiro ai nodi dell’anima, di espandere la propria voce interiore in un’eco che fenda l’aria e arrivi all’altro. Il poeta è colui che parla agli altri con la sua propria lingua, una lingua che raccoglie gli elementi di una realtà comune a tutti e l’assolutizza per farne simbolo universale. Nel momento in cui il silenzio di cui si è nutrita la poesia nella sua fase gestazionale diviene voce, la pena privata diviene dolore del mondo e il solipsismo del poeta si fonde con l’umana solitudine, allargando un cerchio in cui sono racchiusi i valori dell’esistenza. Fra il poeta e il lettore si stabilisce, allora, un rapporto che trascende la fisicità, insieme vivono la “finzione poetica”, ossia il sogno di porre l’esistenza letteraria nell’ambito di una realtà immaginaria che fa riferimento alla polivalenza del mondo reale. E a proposito di questo legame fra il poeta e il lettore così si espresse Rilke: “Il canto del poeta non appartiene a nessuno eppure ciascuno può farlo suo.”

Nella foto la poetessa e scrittrice Anna Maria BONFIGLIO)

 

 

 

 

 

 

 

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