domenica 25 aprile 2021

ARTICOLANDO ( 41 ) : MALEDETTO FEMMINICIDIO Di Matilde DI FRANCO

 

Articolando, è una rubrica per dar voce a tutti gli amanti della poesia, dell'arte, della storia, della pittura, della critica letteraria attraverso recensioni, relazioni e articoli strettamente culturali.
Chiunque volesse pubblicare può farlo mandando i propri scritti all'indirizzo di posta elettronica
tonycausi@alice.it grazie!


In questo n. 41 incontriamo la Prof.ssa MATILDE DI FRANCO poetessa e scrittrice con  un interessantissimo articolo “Maledetto femminicidio” che ci parla della violenza sulle donne e sull’educazione del maschio al gentil sesso.
Lieta lettura a tutti voi!

Maledetto femminicidio

Nel nostro Paese una donna viene uccisa ogni due giorni, in ambito familiare-affettivo: un dato incredibile, una vera e propria strage.

Perché le donne della società odierna vengono ammazzate? Perché l’uomo le uccide?

Sono questi gli interrogativi che ci angosciano, a cui bisogna tentare di dare una risposta, per comprendere il fenomeno che abbiamo davanti gli occhi e al quale non dobbiamo, certamente, assuefarci o rassegnarci.

Di sicuro tutte le vittime, di età, estrazione sociale e livello culturale diversi, hanno vissuto, prima di essere ammazzate, una dura situazione di assoggettamento psicologico e di emarginazione, che è durato nel tempo.

La fine violenta della loro esistenza è la conclusione tragica di una preesistente condizione di sofferenza. Hanno vissuto, cioè, maltrattamenti fisici e morali; ancora, una limitazione importante della loro libertà e una mortificazione significativa della loro identità. Ad esse è stato impedito, con azioni sempre più definite e di crescente condizionamento, di coltivare serene relazioni in ambito sociale, scolastico, lavorativo, ricreativo; di esprimere i propri bisogni e i desideri personali.

A loro è stato comandato di vivere in un mondo sempre più ristretto, tale da poter essere facilmente controllato e gestito dai vari compagni, fidanzati, mariti.

Quelle donne dovevano assumere, insomma, lo status di oggetto esclusivo del maschio – padrone e quindi smarrire quello naturale e sacrosanto di persona.

E in tale contesto trovano spazio incontrollabili gelosie, senso del possesso, egoistica e malata volontà di dominio.

La donna “oggetto” quando osa rivendicare, dopo aver preso pienamente coscienza della sua infelicità, altri orizzonti di vita o, magari, la possibilità di interrompere una relazione considerata insoddisfacente, appare, a colui a cui si ribella, un nemico, che deve essere eliminato, a ogni costo e con tutti i mezzi.

L’uomo che compie tale “oggettivazione” della figura femminile è espressione di un’antica e mai dissolta cultura patriarcale, che lo porta a vivere il fallimento di un rapporto sentimentale, orientato secondo determinate e indiscutibili regole, come una frustrazione ingiusta, vergognosa, insopportabile. Allora, per reagire a tale primitiva e insana incapacità di accettare il proprio cambiamento esistenziale, quale effetto dell’autodeterminazione femminile, assolutamente non voluta, approda proprio alla violenza estrema, come soluzione riparatrice dell’oltraggio subito.

L’assassinio di genere, quindi, non è mai frutto di raptus o di tempeste emotive, ma è il “prodotto finale” di una raccapricciante ma lucida visione della donna, della vita, del mondo.

Dobbiamo esigere maggiore attenzione della politica, delle istituzioni e di tutte le componenti sociali verso il maledetto fenomeno del femminicidio. Ma non basta.  Occorre una vera e propria rivoluzione culturale, a cui tutti dobbiamo contribuire.

Dobbiamo costruire una società migliore educando diversamente le nuove generazioni. Dobbiamo insegnare ai nostri figli, fin da piccoli, il valore delle “pari opportunità”, per contrastare pericolosi stereotipi e cristallizzate divisioni di ruoli.  Dobbiamo educare, maschi e femmine, a rispettare la libertà delle persone, ad accettare eventuali perdite, a non dipendere totalmente dagli altri, nemmeno da quelli per cui si provano sentimenti importanti.

Dobbiamo ricordare ai giovani che l’amore non è possesso, ma condivisione, rispetto, cura dell’altro e desiderio del suo bene. Dobbiamo esortare le ragazze a riconoscere bene i “veri uomini” e a fuggire subito da certi delinquenti camuffati da principi azzurri e da certi castelli dorati che in realtà sono prigioni.  Dobbiamo ribadire ai ragazzi che la donna che sta loro accanto non è proprietà ma individuo, che può legittimamente decidere, anche, di andare via, senza, per questo, demolire la loro dignità, che risiede esclusivamente nella loro intelligenza e nella capacità di stare al mondo.

Allora sicuramente, quando i ragazzi e le ragazze elaboreranno, in maggioranza, una percezione più autentica del rapporto tra i sessi, le tristissime statistiche dei delitti di genere scompariranno o avranno, almeno, cifre meno impressionanti.

Matilde Di Franco

(Nella foto: Matilde di Franco poetessa, scrittrice e autrice di questo articolo).


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